Tutti assieme, 'piccicati, senza scampo di scendere.
Scali si, ce ne sono stati.
Sei, per la precisione.
Nell'agosto del 2014, nel marzo e nell'ottobre del 2015, in gennaio e aprile di quest'anno.
Ogni volta, la stessa domanda: proseguiamo, o no?
Ogni volta, dopo laboriose consultazioni reciproche, la maggioranza dell'equipaggio si è dichiarato d'accordo: proseguire!
Inevitabilmente, al prezzo di qualche mediazione, negoziato, accordo.
Non tutti ottenevano sempre ciò che avrebbero desiderato: elezione diretta dei deputati, abolizione totale di una camera, ecc...
Ma la risposta era inequivocabilmente sempre la stessa: "Proseguire, bisogna! È una giusta meta che ci attende, avanti così! ".
Certo, non è stato facile mettersi d'accordo.
Chi preferiva un taglio di rotta differente, chi auspicava un vento più gagliardo, chi invocava sempre e solo la tramontana... hai visto mai due persone - tolti gli innamorati nei primi quindici giorni della loro relazione - che la vedano allo stesso modo?
Stare assieme è dialogare, cercare punti di incontro, rinunciare a qualcosa in favore di qualcos'altro.
In famiglia come in politica.
E nelle assemblee condominiali.
Come su questa barca.
Una parte della ciurma, in verità, no. Una parte è sempre stata contraria.
Quelli dell' - aprescindere -
E' vero, sono dell'opposizione.
D'altronde, se l'opposizione non si oppone, cosa si chiamerebbe “opposizione” a fare?
Questo atteggiamento tuttavia, quando diviene massimalista e totalitario, uno psicanalista di successo come Massimo Recalcati lo descrive ispirato da quel fantasma di purezza che troviamo al centro della vita psicologica degli adolescenti.
E' come tentare di dialogare con un ragazzo ancora ostaggio della fase puberale dell'intolleranza.
Recalcati cita il film “Pastorale americana” di Philip Roth, dove si racconta la storia tormentata del rapporto tra un padre – il mitico «svedese» – e una figlia ribelle, balbuziente, prima aderente a una banda di terroristi e poi a una setta religiosa che obbliga a portare una mascherina sul viso per non uccidere i microrganismi che popolano l’aria.
Il dialogo tra loro è impossibile. Il padre cerca di capire dove ha sbagliato e cosa può fare per cambiare la situazione, la figlia risponde a colpi di machete: “Sei tu che mi hai messa al mondo, non io; sei tu che hai creato questa situazione, non io; sei tu che vi devi porre rimedio, non io”. Così agisce infatti la critica sterile dell’adolescente rivoltoso.
Il mondo degli adulti è falso e impuro e merita solo di essere insultato.
L'altro, chi la pensa diversamente da sé, è visto come l'adolescente irrisolto guarda agli adulti: irrimediabilmente fuori gioco, incapace di comprendere e immeritevole di confronto.
Per definizione.
Vabbé, cresceranno...
A volte, però, esagerano.
Pensa addirittura che la sindaca della città del porto di partenza, dimenticandosi che quando si viene eletti a governare si cessa automaticamente di chiamarsi - per legge naturale - "opposizione", continuava a ripetere a noi ciurma:
"In mare ci sono i pirati! Cosa costruiscono le barche a fare? In mare ci sono i pirati! Io voto no! Io sono contraria alle barche. In mare ci stanno i pirati. Niente; no, no! Io mi oppongo! Io voto no alle barche. Io voto no ai naviganti. Io voto no ai turisti al mare. No al mare, no alle imbarcazioni, no ai naviganti, no al turismo nel porto della mia città!".
Anche una parte della ciurma contraria - aprescindere - che è sulla barca, dopo questa delibera comunale, ha in realtà deciso che non nominerà più questa sindaca candidata al Nobel del problem-solving, quando lo istituiranno...
Qualcuno nel corso del viaggio ha anche cambiato idea.
Alcuni poco dopo l'elezione del Capo di Stato Maggiore della Marina.
Pare sia stato perché volevano un altro ammiraglio, a capo di stato. Che fosse stato eletto questo, un siciliano di Palermo, non gli andava del tutto a genio.
Ci mancava solo che quel parlafacile del timoniere-premier se ne uscisse dicendo che questo era un referendum su se stesso, sul suo governo.
Apriti, cielo...
Ma non gliel'avevano spiegato, i suoi guru della comunicazione, che la formula da usare era esattamente questa:
"Se vince il SI, mi dimetto"?
Invece e n'è uscito:
"Se vince il NO, torno a casa"...
Proprio così, doveva dire, quel vanesio:
"Nel momento esatto in cui vincesse il SI, la mia carriera politica finisce!"
"Se vincesse il NO, sarei costretto mio malgrado a proseguire nel mio incarico di premier!"
Asino di un timoniere!
Gli spieghi una cosa, e lui fa il contrario, di testa sua.
Lo dice anche l'esimio dottor Natalino Balasso nei suoi video, che il pavloviano riflesso condizionato è cosa seria. E' bastato infatti dicesse: "Se vince il NO, torno a casa" ed ecco materializzarsi all'istante un branco di predatori coalizzati “contro”.
Apparentemente avversi al progetto di riforma costituzionale; in realtà addosso a lui, 'sto carciofo.
Avesse detto l'opposto - che si sarebbe dimesso in caso di vittoria dei SI - la riforma costituzionale sarebbe già cosa fatta.
Ah, il narcisismo...
Che poi cosa farà davvero il timoniere-premier, lo sapremo sicuramente dopo il voto, non certamente prima.
Tanto varrebbe concentrarsi “nel merito” di ciò che il referendum chiede, quindi.
Il merito, già.
E qui s'affaccia un'altra suadentissima sirena sopra i flutti: l'illusione cognitiva che i processi decisionali siano guidati da quei due-tre millimetri di corteccia cerebrale che costituiscono il nostro “cervello razionale”.
Ma quando mai... con quest'aria da “derby”, poi!
Hai mai sentito parlare dell'amigdala?
Del cervello emotivo?
Dell'invidia, della gelosia?
O dell'oscuro godimento sado-masochista, cui il buon Freud ha dedicato tanto inchiostro?
Dell'“istinto di morte”?
Eppure, a “entrar nel merito”, come dicono, due sono le cose su cui tutti si è sempre stati d'accordo. Sono talmente ovvie...
1. ridurre i costi della politica e il numero dei "politici" di professione;
2. rendere più efficienti e rapide l'attività legislativa e la funzione esecutiva.
Ricordo come mi abbia molto divertito, un giorno a lezione, sentire un docente universitario esordire con questo proverbio: "Se ti stai lavando i denti e ti scappa il tappo del dentifricio, mira al buco del lavandino".
Intendeva invitare - per legge di gravità - a cercare le soluzioni dove esse si trovano, non "per aria". Intendeva che quando punti ai bisogni primari, non sbagli mai.
E il "buco del lavandino" - anche se parlare di buco quando galleggi tra le onde su di una barchetta è quantomeno poco scaramantico - mi pare essere esattamente questo: le cose ovvie, per tutti.
1. ridurre i costi della politica e il numero dei "politici" di professione;
2. rendere più efficienti e rapide l'attività legislativa e la funzione esecutiva.
Difficile trovare un essere pensante che si dichiari contrario anche a uno solo di questi due argomenti.
Pare facile, no?
Facile solo per chi non ha mai partecipato a un'assemblea condominiale.
Cento teste, centouno pareri. A essere ottimisti.
Ho la sensazione che andremo il 4 dicembre a votare su questi punti, pensando a tutt'altro.
Con il rischio che qualcuno faccia un foro nello scafo, pur di crear semplicemente un dispitto al timoniere.
Io?
Io voterò SI. Penso convenga a me, e a noi tutti ciurma che stiamo su 'sta barca.
E a chi navigherà dopo di noi, su questi mari, in primis i nostri figli.
Credo davvero converrà anche a loro, poter godere di rotte lungo i mari più scorrevoli e meno burocratizzate.
Sono trent'anni, che si si prova...
Il 4 dicembre tra il fare, il disfare, il limitarsi a criticare senza un'alternativa concreta e percorribile, preferirò la prima opzione.
Ma te li vedi, capitan Brunett e capitan D'Alem, con capitan Grill e il mozzo Salvin a braccetto, per forza e necessità tutti assieme stretti stretti, dato che nessuno può scriversela da solo, la riforma costituzionale?
Te li vedi, riuscire a riproporre un'alternativa plausibile e condivisa?
Quando mai?
Rispetto tuttavia l'opinione chi la pensa diversamente, voterà in altro modo o non si recherà alle urne. Credo infatti che quando ci troviamo in disaccordo decisionale con qualcun altro, è semplicemente perché ci manca una fetta di esperienza.
Più spesso, di sofferenza.
La sua.
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