IL BUONO, IL BRUTTO e IL CATTIVISTA

“Ti spiezzo in due!” l’apostrofa Tino, con fare mordace.
Che tanto, pure scisso in due parti, del lungo Luigi ne resterebbe comunque tanta roba.
Come mai reagirà Luigi?
A seguire Lawrence Kohlberg, un americano che si è occupato dello sviluppo morale nei suoi aspetti psicologici, cioè del come e del quando un individuo si differenzia da un altro nella coscienza morale, c’è da divertirsi.
1. Luigi, ad esempio, potrebbe temere il fatto che se schiacciasse Tino con un pugno, finirebbe poi in carcere, e magari pure, nel secondo tempo, all’inferno. Il che non è cosa conveniente.
In questo modo, ragionerebbe in linea con quello che Kohlberg definisce il primo stadio dello sviluppo morale: l’orientamento premio-punizione. Il giudizio dell’azione, a questo primo livello, tipico dell’egocentrismo infantile, è correlato alla punizione o al premio conseguente. La chiama “moralità preconvenzionale" (6-10 anni): il bene e il male sono quanto gli altri dicono al bambino di fare.
2. Oppure Luigi potrebbe dire: “Meglio che me lo tolga subito di torno, questo scocciatore!" E spedirlo in orbita circumrotatoria con un titanico cazzotto. Saremmo nel secondo stadio di Kohlberg (individualismo e orientamento strumentale): le regole sono rispettate solamente quando è nell’interesse immediato del bambino. Ogni azione è giudicata in base alla soddisfazione o meno dei bisogni.
3. Ma se Luigi pensasse: “Non è bene che lo annienti così, a sangue freddo. Nessuno della mia famiglia e nel mio paese lo farebbe" starebbe ragionando in termini di conformità alle regole prevalenti del gruppo a cui appartiene. Al terzo stadio, le regole vengono rispettate allo scopo di ottenere approvazione, è la cosiddetta “moralità convenzionale” (fino a 20 anni, secondo Kohlberg).
4. Se invece dicesse a se stesso, magari su suggerimento di quell’amico barbuto ossessionato da quel suo problema monomaniacale con “gli stranieri” (disturbo dal quale gli si augura tutti prima o poi di guarire): “Se lo accoppo adesso, non mi faranno mai sindaco”, ragionerebbe in linea con il quarto stadio (sistema sociale e coscienza): ogni azione ha come fine il rispetto delle leggi di coloro che hanno o stanno al potere.
5. Solo se il buon Luigi dicesse: “Non è bene che lo ammazzi, anche se con quel cognome che porta potrebbe pure avere origini Rom, l’omicidio è vietato per legge!” dimostrebbe di essere entrato nella cosiddetta “moralità postconvenzionale" (adolescenza ed età adulta) a questo livello gli individui accettano largamente le regole, tuttavia essi danno precedenza a principi etici di base che desiderano rispettare, anche quando si scontrano con le leggi del paese.
6. Infine, Luigi potrebbe addirittura provare a mettersi nei panni di Tino, e pensare che se egli manifesta tanta aggressività, probabilmente questa sua rabbia sta esprimendo semplicemente tanta paura, di fronte alla sua mole.
Kohlberg direbbe quindi che Luigi dimostra di aver avuto accesso allo stadio superiore, il sesto (principi etici universali): i valori morali si basano su principi di giustizia universali e devono essere seguiti anche se qualche volta possono essere in contrasto con le leggi o le norme sociali.
Lo confesso: non ho mai compreso il termine “buonista”.
Davvero, non me lo so rappresentare.
Arrivo ad immaginare sia qualcosa di simile al “cattivismo”.
Insomma, due robe assolutamente ridicole. Due fratelli storpi, l’uno appoggiato all’altro, malfermi e zoppi come in una favola di Andersen.
Ciò che invece conosco sono il Bene, e il Male.
In questo senso, più e oltre le ricerche di Kohlberg - maschio americano di padre ebreo e madre protestante - merita uno sguardo la ricerca di Carol Gilligan (1982), sua discepola, che ha innovato in modo radicale questo ramo della psicologia. Ella non ha contestato le teorie dello sviluppo dei giudizi morali, ma ne ha denunciato l’unilateralità, concentrandosi quindi sulle caratteristiche della morale femminile.
Se nell’uomo domina una morale dei diritti e della giustizia, il dilemma morale è vissuto dalle donne come un problema di cure e di responsabilità.
In particolare:
- le donne si rivolgono agli altri pensando soprattutto come aiutarli, mentre i maschi sono più preoccupati di se stessi.
- Le donne sono meno radicali nelle loro posizioni e nei loro giudizi.
- Nella prima fase dello sviluppo morale - autocentrata - la donna è preoccupata sostanzialmente della propria sopravvivenza, specialmente emotiva;
- La seconda, dell’autosacrificio, è caratterizzata da un rifiuto di ogni forma di egoismo a favore di un totale ed esclusivo prendersi cura dell’altro. La donna dimentica se stessa per dedicarsi completamente all’altro e questo comportamento può portare ad uno squilibrio tra sacrificio di sé e servizio;
- Nell’ultima fase, dell’etica, la donna raggiunge un equilibrio tra la responsabilità nei confronti di se stessa e la responsabilità nei confronti degli altri, l’autonomia del giudizio e una interdipendenza responsabile e consapevole.
Ah, se non ci fossero le donne, a farci meno cattivisti...
Un ringraziamento speciale, comunque, ai miei due amici che ci hanno messo la faccia: Luigi (il Buono) e Tino (il Molesto).