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I RAGAZZI CON LA BICICLETTA

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Le biciclette le parcheggiavamo nel seminterrato della scuola, giù dalla rampa a sinistra, una sopra l'altra che chi ultimo arrivava poi primo la prendeva quando era ora di tornare a casa. Uno sciame di biciclette, specie quando cominciava marzo. Poi dritti su in classe, che ti aspettava la Maestra. 

Quante generazioni di ragazzi, quante famiglie, storie, volti, memorie avrà visto ed ascoltato, la Maestra? 
E cosa ancor oggi penserà, quando la incroci con il suo passo rimasto baldanzoso, davanti all'edicola o sotto il portico del fruttivendolo del paese? 

Quindi arrivava il suono della campanella. L'ultima. Quella "sotto mezzogiorno". 
Non c'è partenza di Gran Premio motociclistico che possa eguagliare la pressione di quello stormo di piccoli ciclisti urlanti ed (un po'...) esagitati davanti al cancello ancora sbarrato. 
Almeno finché i polsi del bidello ci riuscivano. 

Di lì a non molto, l'apoteosi. Via Roma che diventava Via dei Fori Imperiali. Lo scatto, la fuga, le rincorse. Pedalare a più non posso. Mica che lo scopo fosse arrivare presto a casa: forse si trattava solo di respirare, nel vento già di primavera, un profumo magico ed inebriante: quello della libertà, della spensieratezza.


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