PICCIRIDDU
Chissà cosa avrebbe detto, il Luigi, di questi tempi digitali.
Egli, nato a Girgenti - l'odierna Agrigento - terra posseduta dal sole e baciata dal mare. Orizzonti di mille colori e borghi conditi da milleuno sapori. Reali, solidi, odorosi; tutt'altro che virtuali. Chissà di quali nevrosi soffrirebbe oggi Vitangelo Moscarda, il protagonista del suo romanzo, alto un metroesessantotto, in quest'era di giganti palestrati. Compulsivi tiratori di pesi, come antidoto a un incoffessabile e perenne timore di inferiorità. Picciriddi... E chissà cosa avrebbe pensato, Luigi, della recente affermazione di Umberto Eco, pure lui saggista e scrittore di chiara fama: "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli". In realtá a Luigi, il premio Nobel lo diedero sul serio. Nel 1934, quello per la letteratura. ZONA PUBBLICA No, io non penso sia davvero sempre così come afferma Umberto Eco. Ho amici "da bar" che conosco come persone assolutamente sincere, veraci. Posso sentirmi lontano mille lune da certe domiciliazioni politiche di qualcuno di loro, ma non riesco a non apprezzare la loro schiettezza umana, la loro autenticitá. Qui in Sicilia le panchine, poste come rosari ininterrotti lungo le vie e le piazze di ogni centro urbano, raccolgono plotoni di uomini, quanno si fa sera. Di maschi, voglio dire. Le donne stanno invece perlopiú sedute fuori dell' uscio di casa, tra di loro a conversari. Ė perció allo struscio de li fimmini, che lo sguardo - pure degli anziani - si volge a magnete. Alle turiste di passaggio, siano esse nordiche bellezze in shorts o procaci madonne mediterrane: la possanza é la medesima. Quella dell'atavico ormone masculo, giammai definitivamente sopito. Ecco: nei "social", é come stare al bar. Ognuno a dir la propria. Ciascuno guarda, sbircia, osserva. E quando parla, lo fa sempre a voce alta. Si rivolge magari a uno solo, ma in modo tale che tutti lo sentano. E, possibilmente, lo ascoltino. ZONA SOCIALE Hai presente Montalbano? L'intrigante commissario che qui a Punta Secca tiene magione? Lo ricordi, prima che smetta i panni professionali, uscendo dalla caserma che nel film é sita nel palazzo comunale di Scicli - città partimonio mondiale dell'Unesco - e vada a tuffarsi nelle verdazzurre acque prospicenti la balconata domestica? Tra intricati delitti cui venire a capo e scite picciotte da consolare, il fortunato protagonista dei romanzi di Camilleri si alterna continuamente tra zona sociale e zona personale. Sei in zona sociale quando ti trovi al lavoro, o in qualunque altra situazione nella quale ricopri un ruolo riconoscibile dagli altri e che preveda delle responsabilitá. A Siracusa, una perla nell'acque con quell'isolotto del centro storico chiamato Ortiggia, una delle cose che non devi lasciarti scappare è una rappresentazione serale nella cornice dell'anfiteatro greco. Quest'estate vanno di scena le Supplici, tragedia composta da Eschilo, nell'allestimento scenico di Moni Ovadia. Che vi ci assume anche il ruolo di attore, nel personaggio di Pelasgo, re di Argo. Una storia attualissima - scritta 2500 anni fa - che parla di richiedenti asilo, di persecuzioni, di giustizia e libertà. L'attore, e il personaggio. Hai dedicato un intero libro a questo tema, vero, Luigi? Racconta di sei personaggi, in cerca di un autore. In zona sociale, siamo un po' tutti degli attori. Talvolta, peró, rischiamo di prenderci troppo sul serio. Mi sono sempre chiesto, infatti, perché affermiamo: "sono" un medico, "sono" un elettricista, "sono" un impiegato... e non piuttosto "faccio" il medico, "faccio" l'elettricista, "faccio" l'impiegato. Preferisco la seconda dicitura. Credo che nessun ruolo dovrebbe esaurire l'intera ricchezza di cui un individuo é portatore. Ne é solo una parte. Certi impegni civili, tuttavia, possono chiederti un conto salatissimo in termini di responsabilità. Fuor di ogni "fiction", in questa terra insanguinata dalla piovra, tali testimoni non mancano certo. Da Boris Giuliano a Giovanni Falcone, da don Pino Puglisi a Salvatore Borsellino, lungo tutta un' interminabile schiera di persone oneste e coraggiose, che hanno pagato con la loro stessa vita la lotta per una società piú libera e piú giusta. ZONA PERSONALE Qui, conta semplimente ció che sei, con chi stai. Non cosa fai. A Modica, dove le case paiono agglomerate addosso ai fianchi delle montagne che le cingono d'intorno, producono un cioccolato la cui ricetta dicono aver importata direttamente dagli atzechi, negli anni dell'affiliazione ispanica. Dirlo sublime al gusto, questo cioccolato, é ancora poco. É come dare del "picciriddu" a Michael Jordan. Dalla piazza principale sali due curve, verso la chiesa madre, e ti imbatti in una targa: "Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera". Versi celebri, di un'incisivitá drammatica, tanto veri quanto la forza che in noi li vorrebbe repingere. É la casa natale di Salvatore Quasimodo. Pure lui - come te, Luigi - premio Nobel per la lettereratura, nel 1959. Certo che voi siculi con la parola scritta c'avete saputo fare, ne? Giovanni Verga, Federico De Roberto, Luigi Capuana, Elio Vittorini, Vitaliano Brancati, Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, per arrivare fino al piú "giovine" e contemporaneo Andrea Camilleri, giusto per citarne altri. Ognuno sta solo sul cuor della terra. Non di rado, pure incompreso. Come mi vedo, non é il come sono. Come mi vedono, non é come mi vedo, né il come sono. ZONA INTIMA Ci abiti quando ti prendi cura di qualcuno. E lasci che questo qualcuno si prenda cura di te. Caro Luigi, qua ti cedo direttamente la penna, tramite la voce di Vitangelo Moscarda, il protagonista di quel tuo romanzo del 1926, soprannominato "Gengè" dalla moglie. Per affetto, naturalmente. "Dida, da ragazza, si pettinava in un certo modo che piaceva non soltanto a lei, ma anche a me, moltissimo. Appena sposata, cangiò pettinatura. Per lasciarla fare a suo modo io non le dissi che questa nuova pettinatura non mi piaceva affatto. Quand'ecco, una mattina, m'apparve all'improvviso, in accappatoio, col pettine ancora in mano, acconciata al modo antico e tutt'accesa in volto."Gengè!" mi gridò, spalancando l'uscio, mostrandosi e rompendo in una risata.Io restai ammirato, quasi abbagliato. "Oh,"esclamai, "finalmente!"Ma subito ella si cacciò le mani nei capelli, ne trasse le forcinelle e disfece in un attimo la pettinatura. "Va là!" mi disse. "Ho voluto farti uno scherzo. So bene, signorino, che non ti piaccio pettinata cosí!"Protestai, di scatto: "Ma chi te l'ha detto, Dida mia? Io ti giuro, anzi, che..."Mi tappò la bocca con la mano."Va là!" ripeté. "Tu me lo dici per farmi piacere. Ma io non debbo piacere a me, caro mio. Vuoi che non sappia come piaccio meglio al mio Gengè? "E scappò via.Capite? Era certa, certissima che al suo Gengè piaceva meglio pettinata in quell'altro modo, e si pettinava in quell'altro modo che non piaceva né a lei né a me. Ma piaceva al suo Gengè; e lei si sacrificava. Vi par poco? Non sono veri e proprii sacrifici, questi, per una donna? Tanto lo amava! Considerate bene. Non baciava forse mia moglie, su le mie labbra, uno che non ero io? Su le mie labbra? No! Che mie! In quanto erano mie, propriamente mie le labbra ch'ella baciava? Aveva ella forse tra le braccia il mio corpo? Ma in quanto realmente poteva esser mio, quel corpo, in quanto realmente appartenere a me, se non ero io colui ch'ella abbracciava e amava? Considerate bene. Non vi sentireste traditi da vostra moglie con la piú raffinata delle perfidie, se poteste conoscere che ella, stringendovi tra le braccia, assapora e si gode per mezzo del vostro corpo l'amplesso d'un altro che lei ha in mente e nel cuore? Ebbene, in che era diverso dal mio questo caso? Il mio caso era anche peggiore! Perché, in quello, vostra moglie - scusate - nel vostro amplesso si finge soltanto l'amplesso d'un altro; mentre, nel mio caso, mia moglie si stringeva tra le braccia la realtà di uno che non ero io! Ed era tanto realtà quest'uno, che quando io alla fine, esasperato, lo volli distruggere imponendo, invece della sua, una mia realtà, mia moglie, che non era stata mai mia moglie ma la moglie di colui, si ritrovò subito, inorridita, come in braccio a un estraneo, a uno sconosciuto; e dichiarò di non potermi piú amare, di non poter piú convivere con me neanche un minuto e scappò via. Sissignori, come vedrete, scappò via". Picciriddu, il Vitangelo... Chissà se anche il suo, di sposalizio, avrà avuto a cornice qualche splendida architettura di queste piazze e basiliche barocche. Taormina, Acireale, Ragusa, Catania... In base alle statistiche, una buona parte di queste sorridenti coppie contornate da fotografi, damigelle sfarzose e parenti festanti che vedi qui oggi contrarre matrimonio, tra dieci anni saranno ancora assieme. Un' altra parte, no. Come per Dida e Gengé, almeno uno di loro si accorgerà di aver sposato, dell' altro, solo la fantasia che s'era fatto. A quel punto, accuserà il coniuge di essere stato "falso". Quindi, chi possiamo dire di essere, realmente? E ancora, di piú: siamo sempre uguali a noi stessi, o dobbiamo costringerci a riconoscersci incoerenti, dato che nel tempo ci traformiamo, e nelle diverse circostanze della vita ricopriamo diversi e cangianti ruoli? E quando ci toccherá di morire? Pare che qui, nell'era digitale, ce ne andremo non più dentro loculi, sacelli funebri o cassettine cinerarie. Ci attenderá semplicemente una chiavetta. USB, ovviamente. In fondo, è un modo anche questo per non lasciarsi dimenticare. Come le cose che scriviamo nei "social". Una chiavetta USB, portatile, cosí nemmeno il becchino potrà formattarci definitivamente. Quanta memoria occuperá, questa chiavetta? Beh, caro Luigi, credo tutto dipenderå da "quanto" avremo vissuto. Quanto pienamente, quanto intensamente, voglio dire. A Palazzolo Acreide, una bella cittadina nell'entroterra di Noto, ho assaporato i migliori ravioli della mia vita. Preparati dalle sapienti mani di Santo, nella sua trattoria. Qui la ricotta non é un latticino, ma una religione. Il ragú che Santo pone a loro cornice, un coro angelico nell'anno del Giubileo. Conosco qualcuno che passa l'intera esistenza ossesionato dagli alimenti da evitare, scegliendo i cibi con la cura con cui si nutre un degente ospedaliero. La carne no, quest'altro giammai, quell'altro neppure... Un'intera vita da quaresimato, a schivar nosografie, peró con la convinzione di poter dire, quel giorno, di essere morto inevitabilmente e comunque come tutti gli altri, ma non un "qualsiasi" morto. Devono essere soddisfazioni, anche queste. Ah, Luigi... quanto sono buoni gli arancini, e le granite al gelso, e i sublimi cannoli di questa tua terra? Certo che il calore umano e la capacità inesauribile di accoglienza che hanno i siciliani, noi dell' Italia che "sta sopra", manco ce la sognamo. Qui l'ospite é davvero sacro. Sul serio si offendono, se non onori la loro magnaninimità, a tavola e nelle abitazioni. E mettono allegrezza, nelle piazze di questi imbruniri estivi, i nugoli di ragazzine e ragazzini vocianti e spensierati, da ogni dove, solo a guardarli correre. Mi sembra di rivivere la mia, di fanciullezza. Quella degli anni '60 in provincia. Quando nessuno, finita la scuola, si ammanettava dentro casa davanti a un display. Cosí era sagra, tutte le sere. Torniamo alla nostra chiavetta, quella dei resti mortali: quanta memoria conterrá, allora? Personalmente credo dipenderá anche, e fortemente, da quante energie avremo dedicato alle persone e alle relazioni. Quelle vere, in carne e ossa e anima, piuttosto che a corsi e sotto-corsi dove ti insegnano a guardarti l'ombelico nel culto di un benessere psico-spiritual-corporeo inteso come un Osanna al proprio sé, cioé un sarcofago narcisista. Dipenderá da quanto avremo amato, assumendocene la responsabilitá. Profondamente, intensamente, spregiudicatamente. Qualcuno di vero, reale. Nome e cognome. Pregi e difetti. Progetto ed emozioni. Estasi e ferite. Dandogli il tempo di rivelarsi. Una libertà da evolvere. La pazienza per accompagnarlo. Non solo una nostra immagine, bisogno o proiezione. Che tanto la vita é una continua trasformazione, metamorfosi. Manco un cadavere non cambia, non si trasforma. Caro Luigi, come l'avevi detta davvero giusta, tu, vero e proprio costruttivista ante litteram. Ho visto un nonno con il suo nipotino, in cima alla scalinata di Santa Maria del Monte, a Caltagirone. Da lí si domina con uno solo sguardo, ai propri piedi, l'intera città che ha dato i natali a Luigi Sturzo. Con un libricino in mano, fianco a fianco e accoccolato sotto il suo braccio, il picciriddu ascoltava da quella calda voce la storia della Sicilia, che il suo libretto illustrava. Il nonno narrava delle ruberie politiche, del periodo in cui la Sicilia era uno stato diviso. Il bimbo, tanto era attento, sembrava quasi si bevesse le parole come si succhia un ghiacciolo d'estate. Di tanto in tanto lo interrompeva, dando fiato alla sua infinita curiosità di esploratore in erba. E il nonno gli rispondeva, dialogando, con quella pazienza che solo da vecchi si puó conquistare. Allora, di quanto spazio disporrà questa chiavetta, in definitiva? Beh... io penso dipenderà da quanto avremo lasciata aperta la porta. Non l'USB; quella del cuore. Memoria? Uno, nessuno, o centogiga. |