Qui, però, non un mero centro storico.
Non un agglomerato urbano.
Un museo a cielo aperto, piuttosto.
Una galleria d'arte e architettura, h24.
Lo sapevo.
Lo rivivo, ogni volta.
Ad ogni passo.
In aula, discorriamo dei labirinti del pensiero, quando attraversano i continenti della sessualità.
Di ossessioni, compulsioni.
Di farmaci, neurobiologia.
Legami di attaccamento; magari terapeutici.
Poi esco. Mi tuffo nei vicoli, direzione Santa Croce, e par che dietro l'angolo potrebbe sbucarmi Dante, l'Alighieri.
O dentro quella bottega, il Cimabue, all'opera.
E Michelangiolo, che lo scalpello adopra quasi il crine sulla viola.
Allora un'idea mi salta di sponda.
Penso che questo marmo intoni una nota.
Forse la prima di un canto.
Il testo?
Racconta di uno sguardo.
Costretto immobile, per generazione.
Sanza gravità né labirinti, pe' desiderio.
- per questo canto una canzone triste -