Alcuni pomeriggi, a formare la squadretta non ci si riusciva proprio.
“Pari, o dispari?”
“Pari!”
E via: i più bravi, i primi a venir scelti.
Gli ultimi - sempre quelli - li vedevi a testa bassa. A rosicare tristi, in silenzio.
Altri giorni non si trovava proprio verso, per mettersi d’accordo. Sempre qualcuno a lagnarsi, a protestare: “Si, ma come facciamo, senza arbitro?”.
Cosi capitava, di tanto in tanto, la partitella anarchica. Tutti contro tutti. Regole quasi inesistenti, salvo il fatto di avere una porta dove insaccare la palla.
E la finestra della Bice, dietro in alto, con quel muro nero nero, color catrame. Più denso del liquido ”antirombo” che i meccanici spalmavano nell’interno cofani delle vecchie utilitarie. A colo su quel muro, non si sa se ad attutire i colpi delle pallonate siderali, o gli improperi minacciosi della vecchia.
Che ogni seconda volta si affacciava garrula e proterva, lanciando strali a noi "bociàsse" del campetto e maledizioni assortite a quegli umani che ci avevano generati al mondo.
Non erano un gran divertimento, le partitelle anarchiche.
Però - dal punto di vista etologico - garantivano probabilmente uno sfogo alternativo al vandalismo, per gli incipienti ormoni che in noi giovani maschi prendono diritti la piega dei galli in combattimento.
Forse quel che ci mancava, in quei pomeriggi, era semplicemente un arbitro. Un adulto, qualcuno di più "grande" che ci prestasse un paio d'ore del suo tempo. Per noi sarebbe stata la regola, il contenitore, la disciplina.
Ciò che avremmo trovato qualche anno dopo in Valerio, il barbiere del paese. Oramai un fac-simile: noi già troppo cresciutelli, lui ancor tutto imberbe, dal punto di vista tecnico.
A volte son proprio gli adulti, che vedi prodursi in giochi di combattimento.
Più spesso in combattimenti, che del gioco non hanno mai avuto manco la sembianza.
Lungo alcune latitudini del globo, neppure dell’umano, la sembianza.
Ascoltando le notizie che ogni mattina escono dalla radio raccontando di quel mattatoio che è la terra siriana, ogni “perché?” rimane senza una plausibile risposta.
A livello politico, è sempre più intricato distinguere chi stia guerreggiando contro cosa. Decine di soggetti diversi, con differenti e variabili alleanze internazionali, che si combattono alla cieca. A volte si alleano temporaneamente, per poi combattersi di nuovo. Che si alleano solo in certe zone e si combattono in altre.
Il regime di Assad combatte per restare al potere, sostenuto dalla Russia, dall’Iran e da Hezbollah. I ribelli combattono per rovesciare Assad, e sono sostenuti dalla Turchia e in piccola parte dagli Stati Uniti. I curdi sono sostenuti dagli Stati Uniti e combattono soprattutto lo Stato Islamico per conquistare i territori che rivendicano da secoli. Le forze che fanno riferimento ad al Qaida combattono soprattutto Assad e lo Stato Islamico, a volte anche i ribelli.
“Ribelli” che hanno poi mille targhe diverse: dal laicismo e la richiesta di democrazia, alle idee della Fratellanza Musulmana, al salafismo, fino alle posizioni di al-Qaeda e alla vicinanza con l’ideologia jihadista.
Figli di un dio minore, anche le pagine dei Social contano i propri miliziani “da smartphone”.
Manipoli di indignati opinionisti in ordine sparso, ma facilmente convocabili “a bomba” addosso al politico di turno. Ovviamente il bersaglio è sempre e solo quello della tifoseria opposta - per loro rappresenta un vero e proprio incubo - a rigurgitare boli gastrici di accuse, lamentele e recriminazioni. E giù sproloqui, frammenti attaccaticci ad hoc di qualche giornaletto digitale (un tempo si chiamavano "scandalistici"), bufale più o meno consapevoli, in un rosario di noiosissime lagne “contro”; sempre le medesime.
Peraltro dimenticando ingenuamente il fatto che ogni attacco, in psicologia come in fisica per il principio di Archimede, rafforza l’avversario, piuttosto che indebolirlo.
Freud la chiamerebbe proiezione catartica della propria nevrosi. Il nevrotico vive ossessionato dall'altro, non dimentichiamolo. Non trova consistenza in se stesso, in assenza di un nemico.
Erich Fromm, in un suo celebre libro, l’ha chiamata “Anatomia della distruttività umana”.
Un termine probabilmente inappropriato, per quelle sia pur selvagge pedate negli stinchi di quei ragazzini in braghe corte che eravamo.
Fors’anche per le maledizioni escatologiche della Bice, la signora in nero che compariva alla finestra.
Il nostro era un pallone di cuoio marrone che era un rito, ogni volta, metterci il grasso di foca. Spalmato ben a fondo, dentro le cuciture di filo grosso. Ciò lo rendeva più scuro, fino a sembrar di cioccolato. E quando ti sbucciavi le ginocchia, o grattavi il naso cadendo nella sabbia sempre più abbondante della poca erba del campetto, un cerotto e un disinfettante lo trovavi sempre, in patronato, là davanti.
Alla faccia della Bice.
Ai bambini martoriati di Aleppo, riportano le fonti, oramai rifiutano invece anche il ricovero in ospedale. Quei pochi ancora rimasti; gli altri rasi al suolo dalla distruttività cieca degli ordigni.
Senz’acqua, né più strumenti sanitari.
Non riesco a dormire, pensando a queste stragi di innocenti.
Mi tiene sveglio il silenzio assordante dei “grandi” della terra.
Nemmeno i convogli degli aiuti umanitari, lasciano passare.
Chiamati a fare da arbitro, agiscono nei fatti come il peggior sadico pederasta.
- all things must pass -