ROLLIN' ON THE RIVER
Fusina. Imbarco del vaporetto.
Sto per andare a trovare un caro amico, dall'altra parte della laguna.
Ho una quarantina di minuti di navigazione. E qualche pensiero sovrannumero, che svolazza nella testa. Provo ad acchiapparne qualcuno, in forma scritta.
Mi è sempre piaciuto, il tempo lento delle barche.
Il tema della visita mi riporta a uno degli insegnamenti universitari che più ho amato: Psicologia Fisiologica. Oggi, trent'anni dopo, nell'era delle neuroscienze, ne sanno anche i bambini.
No, non è in vacanza, il mio amico. Non si trova al mare per villeggiatura.
Il Lido di Venezia, oltre che per il Festival Internazionale del Cinema, è noto anche per il San Camillo.
“Ospedale riabilitativo, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico”. Così nell'intestazione.
Socchiudo gli occhi mentre il battello si sgancia dalla banchina, e questo andar molle mi conduce sottofondo entro le pagine di Mark Twain. Dove i piroscafi davvero andavano a vapore.
"Sulla terra ferma ci vogliono 40 anni per conoscere tanti tipi umani; a me in nave bastarono i due anni e mezzo di apprendistato. Quell'addestramento mi ha consentito di conoscere praticamente tutti i tipi umani che si ritrovano nei romanzi, nelle biografie, e nei libri di storia".
Così scrive in “Vita sul Mississippi”. Siamo nel 1885.
So che troverò il mio amico seduto sulla panca, all'ombra di quell'albero. Nel primo ospedale è entrato tempo fa. In barella, praticamente paralizzato. Reso tetraplegico da un virus.
Tetraplegico.
Ora cammina sulle proprie gambe.
Lo scorgo, è là. Già mi sorride. In due mesi, ha fatto passi da gigante. La grinta, lo scrupolo nell'applicarsi alle cose, la precisione e la determinazione non gli sono mai mancate. E' uno tosto, davvero.
Che meraviglia, il corpo umano. E il sistema nervoso, ancor più intrigante, nei suoi fini meccanismi. Per non dire di quello immunitario. Che a volte “impazzisce” per delle strane reazioni di esagerata autoimmunità. Un eccesso di meccanismi di difesa, in altre parole. Il corpo che aggredisce se stesso.
La faccenda è che questi sistemi non operano isolatamente. Vivono di dinamiche che interlallacciano “hardware” e “software” attraverso la chimica dei neuromediatori, la potenza delle emozioni, la programmazione genetica inscritta nel DNA.
E la tossicità dei virus, talvolta.
Anche i sociologi parlano di un corpo. Il “corpo sociale”.
Ah... che dolore.
Si, penso a questi tempi. Alla comunicazione via Social. All'astio, alla nevrosi da tastiera. Alle fake news, ai fotomontaggi, alle diffamazioni su fatti poi smentiti a livello giudiziale.
Vedo persone stimabili nel proprio lavoro, amici anche impegnati nel volontariato, insomma, “bravi ragazzi” quando li conosci di persona, che poi passano il tempo a intasare il web con post-spazzatura. Notizie tendenziose, scandalistiche o parziali, generate ad hoc da siti dediti - tra l'altro - a quella sporca operazione che è il “riciclaggio dei followers”. Nel solo mese di maggio scorso Facebook ha chiuso in Italia 23 di queste pagine. Ne risulterebbero attive ancora più di un centinaio, con 18 milioni di seguaci iscritti. Insomma, una pandemia di falsità, veri e propri virus tossici nel vivere civile. Quale l'effetto? Un alimentare ad arte le emozioni primarie della rabbia e del disgusto. Esito inevitabile: una conflittualità comunicativa sempre più dilaniante, un'incapacità di coltivare e approfondire un pensiero, di documentarsi, di studiare.
Cui prodest – a chi giova – tutto ciò?
La risposta, già che siamo nel “latinorum” proviamo magari a cercarla nell'altro detto: “Divide, et Impera”. L'hai mai sentito?
Maggiore l’incompetenza e l’arroganza dei governanti di turno, tantopiù massiccio il ricorso a questa strategia.
Historia Magistra Vitae.
Il mio battello, ora che si fa sera, sta rientrando – pigro - al molo di partenza.
Fusina, di nuovo.
Terraferma veneziana.
C'è uno splendido tramonto, nella laguna. Una sfera infuocata si sta tuffando dietro i Colli Euganei, laggiù, in lontananza.
Chissà se le albe di New Orleans conoscono qualcosa di simile.
Magnifico spettacolo. Allarga il cuore. Anzi, lo allaga.
Anche Mark Twain non ebbe vita facile. Orfano di padre, perse il fratello in un incidente col battello, lungo il grande fiume. Ne “Le Avventure di Tom Sawyer", il protagonista è ragazzino molto irrequieto e vivace.
Chissà perché…
Un figlio malato gli morì precocemente.
Così poi altre due figlie su tre, anch'esse sofferenti di gravi malattie (cosa non rara, a quell'epoca).
Il mio amico tra un pugno di giorni lo rimanderanno a casa, nella sua famiglia. Gioia infinita.
Si, ce l'ha fatta. Grazie a tanto impegno, fatica. A buone cure. A tanta fisioterapia mirata.
E a un gruppo formidabile di amici, che lo hanno sempre sostenuto.
E quando scrivo “sempre”, tu leggi, mi raccomando: “h24, di-giorno-e-di-notte”. Sempre.
Questa, è solidarietà. Questa, è coesione sociale.
Guariranno mai, invece, i compulsivi tossici e virulenti piccoli “leoni da tastiera”?
Qualcosa ci libererà da queste lacerazioni sociali, fonte solo di paralisi civile?
Il nevrotico vive “in funzione dell'altro”, ricorda Freud.
Non è facile, rinunciare a una dipendenza così forte.
Ricordo una canzoncina, che cantavamo da giovani. Magia di quegli anni.
Ora, mentre smonto da questo quasi-piroscafo, una nuova consapevolezza si è aggiunta al grande fiume dei pensieri. Che continua a fluire, ininterrotto, nella mia mente.
Più che un pensiero, questa è però una consapevolezza. Un’esperienza.
E’ la solidarietà che questo straordinario gruppo di amici ha dimostrato.
Giorno e notte, notte e giorno.
Come un lungo fiume, ininterrotto.
- conosco un'altra umanità -
Sto per andare a trovare un caro amico, dall'altra parte della laguna.
Ho una quarantina di minuti di navigazione. E qualche pensiero sovrannumero, che svolazza nella testa. Provo ad acchiapparne qualcuno, in forma scritta.
Mi è sempre piaciuto, il tempo lento delle barche.
Il tema della visita mi riporta a uno degli insegnamenti universitari che più ho amato: Psicologia Fisiologica. Oggi, trent'anni dopo, nell'era delle neuroscienze, ne sanno anche i bambini.
No, non è in vacanza, il mio amico. Non si trova al mare per villeggiatura.
Il Lido di Venezia, oltre che per il Festival Internazionale del Cinema, è noto anche per il San Camillo.
“Ospedale riabilitativo, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico”. Così nell'intestazione.
Socchiudo gli occhi mentre il battello si sgancia dalla banchina, e questo andar molle mi conduce sottofondo entro le pagine di Mark Twain. Dove i piroscafi davvero andavano a vapore.
"Sulla terra ferma ci vogliono 40 anni per conoscere tanti tipi umani; a me in nave bastarono i due anni e mezzo di apprendistato. Quell'addestramento mi ha consentito di conoscere praticamente tutti i tipi umani che si ritrovano nei romanzi, nelle biografie, e nei libri di storia".
Così scrive in “Vita sul Mississippi”. Siamo nel 1885.
So che troverò il mio amico seduto sulla panca, all'ombra di quell'albero. Nel primo ospedale è entrato tempo fa. In barella, praticamente paralizzato. Reso tetraplegico da un virus.
Tetraplegico.
Ora cammina sulle proprie gambe.
Lo scorgo, è là. Già mi sorride. In due mesi, ha fatto passi da gigante. La grinta, lo scrupolo nell'applicarsi alle cose, la precisione e la determinazione non gli sono mai mancate. E' uno tosto, davvero.
Che meraviglia, il corpo umano. E il sistema nervoso, ancor più intrigante, nei suoi fini meccanismi. Per non dire di quello immunitario. Che a volte “impazzisce” per delle strane reazioni di esagerata autoimmunità. Un eccesso di meccanismi di difesa, in altre parole. Il corpo che aggredisce se stesso.
La faccenda è che questi sistemi non operano isolatamente. Vivono di dinamiche che interlallacciano “hardware” e “software” attraverso la chimica dei neuromediatori, la potenza delle emozioni, la programmazione genetica inscritta nel DNA.
E la tossicità dei virus, talvolta.
Anche i sociologi parlano di un corpo. Il “corpo sociale”.
Ah... che dolore.
Si, penso a questi tempi. Alla comunicazione via Social. All'astio, alla nevrosi da tastiera. Alle fake news, ai fotomontaggi, alle diffamazioni su fatti poi smentiti a livello giudiziale.
Vedo persone stimabili nel proprio lavoro, amici anche impegnati nel volontariato, insomma, “bravi ragazzi” quando li conosci di persona, che poi passano il tempo a intasare il web con post-spazzatura. Notizie tendenziose, scandalistiche o parziali, generate ad hoc da siti dediti - tra l'altro - a quella sporca operazione che è il “riciclaggio dei followers”. Nel solo mese di maggio scorso Facebook ha chiuso in Italia 23 di queste pagine. Ne risulterebbero attive ancora più di un centinaio, con 18 milioni di seguaci iscritti. Insomma, una pandemia di falsità, veri e propri virus tossici nel vivere civile. Quale l'effetto? Un alimentare ad arte le emozioni primarie della rabbia e del disgusto. Esito inevitabile: una conflittualità comunicativa sempre più dilaniante, un'incapacità di coltivare e approfondire un pensiero, di documentarsi, di studiare.
Cui prodest – a chi giova – tutto ciò?
La risposta, già che siamo nel “latinorum” proviamo magari a cercarla nell'altro detto: “Divide, et Impera”. L'hai mai sentito?
Maggiore l’incompetenza e l’arroganza dei governanti di turno, tantopiù massiccio il ricorso a questa strategia.
Historia Magistra Vitae.
Il mio battello, ora che si fa sera, sta rientrando – pigro - al molo di partenza.
Fusina, di nuovo.
Terraferma veneziana.
C'è uno splendido tramonto, nella laguna. Una sfera infuocata si sta tuffando dietro i Colli Euganei, laggiù, in lontananza.
Chissà se le albe di New Orleans conoscono qualcosa di simile.
Magnifico spettacolo. Allarga il cuore. Anzi, lo allaga.
Anche Mark Twain non ebbe vita facile. Orfano di padre, perse il fratello in un incidente col battello, lungo il grande fiume. Ne “Le Avventure di Tom Sawyer", il protagonista è ragazzino molto irrequieto e vivace.
Chissà perché…
Un figlio malato gli morì precocemente.
Così poi altre due figlie su tre, anch'esse sofferenti di gravi malattie (cosa non rara, a quell'epoca).
Il mio amico tra un pugno di giorni lo rimanderanno a casa, nella sua famiglia. Gioia infinita.
Si, ce l'ha fatta. Grazie a tanto impegno, fatica. A buone cure. A tanta fisioterapia mirata.
E a un gruppo formidabile di amici, che lo hanno sempre sostenuto.
E quando scrivo “sempre”, tu leggi, mi raccomando: “h24, di-giorno-e-di-notte”. Sempre.
Questa, è solidarietà. Questa, è coesione sociale.
Guariranno mai, invece, i compulsivi tossici e virulenti piccoli “leoni da tastiera”?
Qualcosa ci libererà da queste lacerazioni sociali, fonte solo di paralisi civile?
Il nevrotico vive “in funzione dell'altro”, ricorda Freud.
Non è facile, rinunciare a una dipendenza così forte.
Ricordo una canzoncina, che cantavamo da giovani. Magia di quegli anni.
Ora, mentre smonto da questo quasi-piroscafo, una nuova consapevolezza si è aggiunta al grande fiume dei pensieri. Che continua a fluire, ininterrotto, nella mia mente.
Più che un pensiero, questa è però una consapevolezza. Un’esperienza.
E’ la solidarietà che questo straordinario gruppo di amici ha dimostrato.
Giorno e notte, notte e giorno.
Come un lungo fiume, ininterrotto.
- conosco un'altra umanità -