Dannazione, Flavio, eravamo già arrivati al novantesimo? Davvero, la partita su questo campo è già finita?
Proprio tu, tu che volevamo sempre come arbitro. Perché era stranoto che se rimaneva qualcosa da “aggiustare”, negli ultimi minuti, se vedevi che la squadra andava rimontando, un “tot” di recupero non lo negavi certo. Assumendoti senza remore la responsabilità di gestire i malumori dei più forti, che già cantavano vittoria.
Dimmi che non è vero. Dimmi che almeno i supplementari... almeno fino ai rigori, per sentire ancora quel fischietto che già da solo metteva buonumore. Anche quando il fallo lo segnavi contro, era impossibile arrabbiarsi. Perché bastava guardarti negli occhi, e saltava dritta in mente una delle tue incredibili barzellette. Magari l'ultima che ci avevi raccontato, mente si usciva in fila dallo spogliatoio. Passo baldanzoso e pronti per la foto; sì, perché anche al “Marafognà”, la domenica pomeriggio, le cose si facevano sul serio.
“Vitaminizàdos contra Pulidores”! “Caldi, contro Freddi”! In pratica, le varianti delle più classiche “scapoli-ammogliati" degli anni '70. Tàca la bàla! Eravamo ora, si, nel bel mezzo degli anni '80, e vai a perdita di fiato (sempre troppo poco) a sputar saliva e qualche “sacramento” dietro quel pallone mezzo scuoiato, che quando riuscivi a sgraffignarlo – per qualche metro – già ti faceva credere Platini, o Zico, o Socrates... Si giocava al “Marafognà”, mica no?
Già, le tue barzellette. Avevi davvero un formidabile talento, nel raccontarle. E la tua voce. Da basso, autentico e profondo. “Seéemo quàaa...” La storia vera della “Chiara Stella” l'hai scritta tu, nei gloriosi tempi di tuo fratello Giuseppe, di Jijo Quajo e Jijo Mecoe, di Pasquàe Ciòdo... chi ce le ridarà mai più, delle ugole così tonanti e cristalline?
Ciao, grande Flavio. Non sarà solo la tua statura - impossibile schivarla come il tuo sguardo nei molti anni dietro al bancone del bar del patronato - a farsi notare lassù, nel cielo. Sarà più di tutto la tua inesauribile simpatia. E se talvolta ci capiterà di sentire un fischio, magari in una distratta domenica pomeriggio mentre s'apparecchia già la primavera, se buttiamo lo sguardo lassù e tendiamo l'orecchio, caro Flavio, non risparmiarti di raccontarci l'ultima, su San Pietro...
Ciao, grande Flavio. Sì, fa male lasciarti andare. Tanto, davvero. Immagino quanto, alla tua grande e formidabile famiglia. Ma per chi ti ha conosciuto e frequentato, è impossibile non sentire prorompere anche un Grazie. Dal calcio d'angolo del cuore. Per tutta l'allegria, e le inesorabili risate. Grazie, Flavio. Nonostante questa tanta nostalgia, che ci rimane addosso.
novembre 2015
Noneto Circin
La parola, il suono, l’immagine, sono l’oggetto dei miei interessi nel tempo libero. A volte, tentano di diventare voce. Nella scrittura, nella musica, nella fotografia. Per passione, per divertimento. Insomma, per una delle cose più serie nella vita: il gioco. Tramite i tasti di un pianoforte, una penna che scorre veloce, le lenti di un vecchio obiettivo.