MARI e MONTI
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E' bello svegliarsi al mattino, aprire il balcone, e l'occhio sinistro rimbalza su una ripida parete rocciosa macchiata da licheni, mentre quello destro si appoggia al porticciolo sottostante.
Le prime barche dei pescatori già al rientro dal largo mare. No, tranqui: non è che son diventato "straòcio". Non é che - come diceva la zietta - "El ga on òcio che manda vaffanc... - bip! - 'staltro". Benvenuti, questa è la Corsica. Baie azzurrissime che si fanno anguste insenature, quindi torrenti incuneati entro gole turbinose. Il grido strozzo del ruscello, nel fondo dell'orrido. Vi getti lo sguardo a precipizio dal bordo del sentiero, salendo a ritroso verso le cime dell'interno. Mari e monti, monti e mari. Alternati l'uno all'altro, secondo un'armonica cadenza. Quasi i movimenti di una sinfonia di Brahms. Musica, ancora musica. Si, lo leggevo nel saggio che mi son portato da studiare: la questione del talento musicale si dibatte tra due scuole di pensiero, se cioè sia innato o acquisito. Anche nella scienza, come si vede, il bipolarismo è di casa. La biografia di Yehudi Menuhin, violinista enfant prodige, è illuminante in questo senso. Aveva suonato a soli tredici anni i concerti di Bach, Beethoven e Brahms. Poco tempo dopo non gli sarebbe più stato possibile: il regime nazista avrebbe proibito progressivamente agli ebrei di praticare una qualunque attività artistica. Quando parla della sua infanzia, Menuhin scrive di non avere ricordi di una grande facilità col violino, ma di un “fuoco interiore” che lo spingeva a suonare diverse ore al giorno, fin dalla più tenera età. Il talento, a sua stessa ammissione, sarebbe quindi legato alla passione per la musica. Un bambino di tre anni che suona due o tre ore al giorno avrà verosimilmente totalizzato 10.000 ore di pratica attorno ai tredici anni. Ecco: il numero 10.000 è spesso citato dai ricercatori che si interessano all'expertise. Diversi studi hanno mostrato che i migliori studenti di conservatorio sono quelli che suonano di più. Ricerche longitudinali (soggetti esaminati lungo un intervallo di tempo) hanno reso evidente che i “numeri uno” non erano quelli giudicati come più bravi qualche anno prima, ma quelli che suonano di più. Cos'è quindi questo “expertise”? Potremmo definirlo come “competenza”, “abilità professionale”. Vale anche in altri ambiti, non solo in quello musicale. "Expertise": un mix di studio, esercizio, pratica, applicazione. Diecimila ore. Tradotte in anni, il numero va da cinque a dieci. Che significa 6-8 ore di lavoro al giorno. Ogni giorno. Eppure oggi, nella Google-era, tutti sembrano saper tutto - su tutto - subito. Ma va là: quando per casa tua chiami un dipintore, un falegname, o idraulico o tappezzerie, prendi il primo che capita? Il più vistoso su Internet? O invece vai da chi conosci, da chi sai che è veramente bravo? Se devi portare l'auto in carrozzeria - che ancora hai le rate da pagare - ti affidi al più scalcagnato, ma di basso prezzo? Dai: dimmi che se hai un amico cuoco, che da una vita fa questo di mestiere, per un consiglio su di un ristorante, non interpelli proprio lui. O un giardiniere, se hai dei lavori di arredo del verde, o manutenzione, da eseguire. Pensa a me, quanto fortunato sono, che nel giro degli amici più stretti - quelli veri, non solo su Facebook - ne ho uno di speciale, in ciascuna di queste maestranze! Formati da anni di lavoro, passione ed esperienza, Questo, è expertise! E' un'estate davvero molto calda, questa del 2019. "Canicule africaine" scorrono i titoli nei telegiornali. Sempre in pantaloncini corti, si gira. E una t-shirt. Mattina, mezzogiorno, sera. Cambiano solo i sandali, che togli prima di tuffarti in questi blu multivariati delle calette a precipizio, alternandoli agli scarponi da trekking per le escursioni all'interno, nelle riserve naturali dei monti. Tra le curiosità, adesso ne racconto due. La prima riguarda le torri di avvistamento lungo tutta la costa. Tutto il perimetro costiero. Costruite dai genovesi durante i circa quattrocento anni di dominazione, tra alterne vicende. Pensa che, in caso di attacco proveniente dal mare da parte dei pirati, nel giro di tre ore un segnale visivo di allarme inviato da una qualunque di esse permetteva di informare tutta la popolazione isolana, consentendo a più esposti di mettersi al riparo, al sicuro, negli anfratti boschivi dei monti, all'interno. Meglio di whatsapp; prende anche dove non c'è “campo”! L'altra curiosità, peraltro non dissimile da spinose vicende contemporanee nel Nord Italia, riguarda la travagliata costruzione della linea ferroviaria Bastia – Ajaccio. Praticamente la spina dorsale dell'isola, dal punto di vista dei trasporti. Probabilmente è l'unico TGV che piacerebbe agli attivisti “anti-alta-velocità”. I còrsi infatti declinano la sigla TGV per il loro trenino, attivo dal 1894, in “Trains à Grandes Vibrations”. Trentadue tunnel, cinquantuno viadotti. Ci vollero quarant'anni tra progetti, cantieri, maledizioni di vetturini, pastori e locandieri che vedevano minacciata la loro economia, prima che “U Trinichellu” (ma lo sai che il dialetto còrso è terribilmente simile al sardo?) cominciasse a viaggiare. Alla fine dell'ottocento, Maria Felice Marchetti, un'autrice locale, aveva addirittura composto “A Canzona Di U Trenu”, divenuta popolarissima. Insomma: non proprio un testo da insegnare ai bimbi della scuola materna, per la Festa della Bontà in occasione del Natale. Senti un po': “O lu trenu di Bastia he fattu per li signori pienghjeni li carretterri suspiranu li pastori per noi altri osteriaghji son affanni e crepacori Anghjulì, lu mio Anghjulinu Pensatu n'aghju una cosa quand'ellu passa lu trenu tirali di mitragliosa e gli sceffi chi so dentru voltali à l'arritrosa! Ci voglio piazza un forte più di trecentu cannoni quand'ellu passa lu trenu spianalli li so vagoni” Vabbè, d'accordo: effettivamente un po' lontano, dallo spirito del Mahatma Ghandi. “Vivere è cambiare” si ripete spesso nei corsi di formazione alla genitorialità. Così con il tempo, guarda te, i còrsi hanno cambiato idea. Grazie al turismo e alla nuova sensibilità ecologica. I 158 chilometri della linea ferroviaria sono diventati parte della cultura locale. Più volte, addirittura, di fronte alla minaccia di chiusura, hanno manifestato perché “U Trinichellu” fosse lasciato libero di correre. Vedi tu, se dirlo domani agli anti-TAV... Beh, altre particolarità su cui non posso tacere riguardano le formule di saluto, quelle tipiche della lingua francese. " Monsieur-Dame": letteralmente "Signore-Signora", una cortese par condicio comunicativa che è un inno al galateo. Eppure, in italiano suona orribile. "Bonjour!" Tante, tantissime famiglie. Forse un effetto "framing" (benedetta psicologia della percezione, sempre addosso mi stai); ne vedo moltissime. Frequentissime le coppie, giovani, con tre figli. Non solo francesi. Molti turisti. Riconosco gli altissimi olandesi, i paura-de-niente tedeschi, i mangia-vocali americani, gli spudorati russi. In traghetto, nei siti archeologici e naturalistici. E in spiaggia, obviously. La cosa piacevolissima è che i bambini francesi - praticamente tutti - incrociandoli, ti salutano. "Bonjour!" Sarà l'educazione scolastica? O familiare? Fatto sta che anche l'altra sera, un manipolo di ragazzine infuocate che si stava inseguendo per gioco nel lungomare, rapite ciascuna in chissà quale delle sognanti avventure che abitano ogni preadolescenza, una del gruppo sfrecciandomi a fianco incrocia il mio sguardo, e da sotto due occhi pungenti e un nasino all'insù fa scoppiare un gradevolissimo e risonante: "Bonjour!". Mari e monti, monti e mari. Natura incastonata tra acqua e cielo. Quant'è bella quest'isola. Penso alla responsabilità che abbiamo noi umani, nel non portare a estinzione queste meraviglie. E la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta, con esse. "Mari e monti" è pure un'espressione ironica. La più congeniale a certe promesse (da marinaio, o elettorali, scegli tu) che alla prova delle responsabilità e delle decisioni da prendere, si sciolgono come neve al sole. Indipendentemente dall'innalzamento globale delle temperature, tra l'altro. God Save Our Earth! Oh: adesso mica avrai scordato un buon paio di braghe di tela, se ti eri affidato a quelle promesse, neh? - metti la canottiera - |