IL PICCOLO FARISEO
Che splendido luogo è Matera.
Ogni angolo riserva scorci sorprendenti. Pare di vivere in un perenne abbraccio. Specie al crepuscolo, quando la pietra bianca delle case, i vicoli e le piazzette, una sopra l'altra, si accendono come lucignoli di un gigantesco presepio vivente. Fin da piccolo ho sempre sognato di poter fare il regista. Dal momento in cui mi sono affacciato su questa incredibile città, tema, personaggi, sceneggiatura e colonna sonora mi si sono materializzati d'incanto, davanti allo sguardo e nella fantasia. Sul monte della Murgia, davanti ai sassi di Matera (quant'é bello questo luogo; uno scrigno a cielo aperto) sono state girate decine di pellicole. Compreso qualche "colossal" holliwoodiano. Molti conservano impresse nello sguardo le truculente scene della crocifissione in "The Passion" di Mel Gibson (2004); ma come dimenticare "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini, nello splendido bianco e nero di esattamente quarant'anni prima, con la sua adorata madre nel ruolo della Madonna? Fossi anche solo un Woody Allen in miniatura, o un Pif in erba, tra queste pietre cariche di storia, di cinema e letteratura mi piacerebbe dirigere un film comico. Di quell' umorismo surreale tipo Troisi e Benigni in "Non ci resta che piangere" del 1984. "Il Piccolo Fariseo", lo intitolerei. Nei filatteri - i rotolini con gli articoli della Legge che lo scrupoloso osservante appendeva financo ai peli della barba - sostituirei ai brani della Sacra Scrittura qualche articolo della Costituzione Italiana e del Codice Civile; preso qua e là. Non mancherei, certo, di mettere in bocca a ogni Piccolo Fariseo la doverosa litania: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, peccatori". "Io sì, che sono Onesto". Ad ambientarlo qui, su questi balconi di pietra a sbalzo su grotte che celano chiese rupestri scavate nella roccia di scarnificante bellezza, "Il Piccolo Fariseo" potrebbe vedere un barbuto sommo sacerdote chiamato e Graifa a braccetto con uno scapigliato centurione della "Pilato & Associati". Ambienterei una scena mentre li si vede discutere. Caldamente. La bollente questione, sulla quale dover decidere a suon di "like" (un moderno dispositivo di lapidazione) potrebbe essere questa: "Gente, popolo: volete libero il figlio del falegname, tal Gesú di Nazareth, dichiaratosi pure "Figlio di Dio" che ha violato la trasparenza del Regolamento Societario recandosi, senza previa comunicazione al Sinedrio, a casa di prostitute e addirittura - udite udite - da un corrotto esattore delle tasse di nome Zaccheo; o rilasciamo libero il console di Populonia, raggiunto da un avviso del Cassio - preclaro magistrato romano - per un sospetto abuso di ufficio nella costruzione dell'anfiteatro Populoniense?". Beh, certamente una questione tosta, da girarci almeno una quindicina di avvincenti riprese, tra Sasso Barisano, chiese rupestri e grotte del Sasso Caveoso. "Noi non siamo come loro". Questo il ritornello con il quale, nel "Piccolo Fariseo" Graifa e i suoi ministri aprono e chiudono i loro sermoni. Ė diventato addirittura il nome di un gioco catechetico, prodotto dallo stesso sommo gurusacerdote. A proprie spese. Un gioco dove si tira con un unico dado, che ha tutte le sei facce recanti un solo puntino. Si, perché anche se nelle regole originarie stava scritto "uno vale uno", si é visto poi che uscisse uno, due, tre, quattro, cinque o sei, sempre solo uno, era quello che contava. "Noi non siamo come loro". Credo la prima disonestà sia esattamente questa: quella nei confronti di se stessi. Ritenendosi – per definizione – diversi, alternativi ipso facto. Non riconoscere le proprie parti contraddittorie, ambivalenti, imperfette, ansiogene. Non ammettere che dentro ciascuno di noi abitano dimensioni in reciproco conflitto. Bisognose di comprensione. Addirittura di pietà, talvolta. Incredibile, con quanta facilità si possa scivolare dal livello di una sacrosanta richiesta di giustizia, al retrobottega di un legalismo ridicolo e infantile. Al genere umano viene quasi automatico spostare all'esterno il proprio lato ombra, così lo chiamerebbe Carl Jung. Vedendo la disonestà e l'imperfezione solo addosso agli altri. Normalmente, quelli con idee politiche-religiose-filosofiche differenti dalle proprie. Compulsivamente comandati dall'antico meccanismo difensivo della proiezione. In un altra scena de “Il Piccolo Fariseo”, verso la fine, si vede il sommo sacerdote Graifa arrabbiarsi moltissimo con il Nazareno - tal Gesū figlio del falegname - apostrofandolo con un gutturale "Vaffanbrodo!", mica perché fosse ormai ora di cena, o perché avesse scoperto che era amico di Battista (Giovanni, il). L'aveva semplicemente sentito emettere un “post”, giusto sopra i sassi di Matera: "Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra"... |