ALONSO, TE CONSO.
Terra di contrasti, quella delle Asturie. Per certi versi può ricordare i fazzoletti di suolo strappati al mare e contesi al cielo della nostra Liguria.
Solo che lassù è tutto rovesciato: il mar Cantabrico ti sta sopra, a nord; i “Picos d'Europa” le cui cime superano i 2500 metri li hai sotto, a sud. E tra vette e bagnasciuga la distanza lineare a volte non supera i 20 chilometri. Una vacanza cominciata male, quella dell'estate 2007. Nel peggiore dei modi, per un turista. Arrivi la prima sera dritto nelle campagne di Aix-en-Provence, dopo un viaggio di 800 chilometri; tutta una tirata. Parcheggi l'auto, che quasi ti sembra sbuffare ed invocare stremata un po' di sosta, con le gomme che paiono sorridere di gratitudine mentre, finalmente ferme, ti guardano allontanarti dalla piazzola di sosta in direzione della trattoria. Che poi una sublime Ratatouille (la cuisine française, oui) sia in grado di riconcilare anche lo stanco guidatore con il mondo e – impresa non sempre scontata – con “le snob” français, è un corollario in cui cadi quasi per forza... di gravità. La sgraditissima sorpresa arriva quando torni alla piazzola di sosta, ormai avvolta dal buio della notte provenzale, ed un urlo di tua figlia, dieci metri più avanti, ti segnala che qualcosa di brutto dev'essere successo. I frantumi di cristallo sull'asfalto, ed il volume del bagagliaio desolatamente vuoto, mentre alla partenza tracimava stracolmo come quello della famiglia Brambilla, lasciano poco spazio alle fantasie: ti hanno derubato. Anzi, letteralmente: “svaligiato”. Di tutto. Di tutto ciò che per una vacanza di quindici giorni avevi portato appresso. Compreso il beauty, con gli spazzolini ed il dentifricio. Vestiti, ricambi, scarpe... addirittura i cd dell'auto e la borsa fotografica, con i preziosi Carl Zeiss che da più di vent'anni ti erano fedeli assistenti allo sguardo. Inesorabili e precisi come solo i pezzi di ottica meccanica tedesca possono riuscire. Un buco al cuore. Ed un ribollir di pancia che già la Rataouille se n'è andata in acido. Già, la Kübler-Ross. Quante volte l'avevo citata, nei corsi per l'elaborazione del lutto? Che poi “lutto” deriva dal verbo latino “lugere”, cioè esattamente: “piangere”. Elisabeth Kübler-Ross. Pionieristica psichiatra svizzera, trasferitasi negli USA alla fine degli anni '50. Dieci anni dopo pubblica un libro che rimarrà fondamentale, una vera pietra miliare per chiunque si avvicini alla comprensione, all'accompagnamento ed alla terapia di chi sta subendo o abbia vissuto una perdita, una separazione, la morte o la diagnosi di una malattia inguaribile. “On death and dying” (“La morte ed il morire”), questo il titolo del suo lavoro ove descrive, in base alla sua effettiva esperienza clinica di assistenza ai malati terminali ed alle loro famiglie, cinque fasi tipiche di questo percorso. Fasi universali, caratteristiche, precise:
2. Fase della rabbia: dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, Dio. Una tipica domanda è “Perché proprio a me?”. È una fase molto delicata dell’iter psicologico e relazionale del paziente. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé. 3. Fase della contrattazione o del patteggiamento: in questa fase la persona inizia a verificare cosa è in grado di fare ed in quali progetti può investire la speranza, iniziando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazione del paziente, sia con le figure religiose. “Se prendo le medicine, crede che potrò…”, “Se guarisco, poi farò…”. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita, e cerca di riparare il riparabile. 4. Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza aumenta. Quanto maggiore è la sensazione dell’imminenza della morte, tanto più probabile è che la persona viva fasi di depressione. 5. Fase dell’accettazione: quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata. In questa fase il paziente tende ad essere silenzioso ed a raccogliersi, inoltre sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto. È il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente. È il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato. La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia o con la fase pre-morte, momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione. Si, capita, nella vita, di dover subire delle perdite. Inevitabilmente, a tutti, nessuno escluso. E dei furti, delle lesioni, delle ingiustizie e dei tradimenti. Anche negli affetti più cari, in ciò che ritenevi inviolabile: Ci avresti giurato. Ciecamente. Che non poteva essere. Che mai sarebbe accaduto. E invece è successo. A tua insaputa. E' a quel punto che devi decidere che fare: andare avanti, proseguire nel viaggio, o tornartene mestamente a casa, gettando la spugna. Raccogliere ciò che di buono la vita ha ancora da offrirti, magari opportunità nuove ed insospettate, o racchiuderti nel bozzolo dell'evitamento e del nascondimento depressivo. Per fortuna che c'è Carglass. E per fortuna che c'è anche Decathlon. Anche in Provenza, verso le Asturie. Dove con poche decine di euro qualche maglietta la recuperi, assieme ad un paio di pantaloni. Ed anche un bel borsone, di quelli sportivi, che prima nemmeno sospettavi fosse pure così pratico, con quelle rotellone tipo trolley. Così prosegui, nonostante tutto. Chilometri dopo chilometri, lasci andare la delusione. Lasci entrare i colori di nuovi orizzonti, di altri scorci di natura, paesaggio, vita. Certo, talvolta dentro ti rimugina ancora – inevitabile – la domanda: “Ma chi sarà stato? Come ha potuto? Qualche disperato, magari tossico, francese? Una banda di zingari? Qualche asturiano o bandito basco in sortita extra-confine?”. Si, la rabbia. La seconda fase della Kubler-Ross. Un'emozione inevitabile, addirittura utile, se indirizzata costruttivamente, per “ricominciare a vivere”. Così, ancora per qualche chilometro di strada verso le spiagge cantabriche e le serate di sangria che innaffia le nottate di movida ispanica, un retro-pensiero non di rado torna ad affacciarsi: “Alain, Fernando, Goran, Ramirez, o Alonso che tu sia stato... se te ciàpo – scòltame mi - te cònso!”. Asturie, agosto 2007. |