
O meglio, sosteneva che se “sto pensando, allora esisto”.
“Cogito, ergo sum”, appunto.
René Descartes, filosofo e matematico del ‘600, colui che consideriamo il massimo esponente del razionalismo moderno.
Ma il narcisismo è una brutta bestia.
E quando si coniuga al potere e al danaro, i danni sono assicurati.
Te lo ricordi, Dorian Gray? Il protagonista dell’omonimo romanzo di Oscar Wilde. E’ un giovane straordinariamente bello. Hallward, un pittore suo amico, gli regala un ritratto da lui dipinto, che lo riproduce nel pieno della sua magnificente gioventù.
Talmente bello, che Dorian inizia a provare invidia verso il suo stesso ritratto.
Ritratto che rimarrà eternamente bello e giovane, mentre lui invecchierà. Così arriva a stipulare un "patto col demonio", grazie al quale sarà lui, Dorian, a rimanere eternamente adolescente e luminoso, mentre toccherà al quadro mostrare progressivamente i segni della decadenza fisica.
Notando che la sua figura nel dipinto invecchia, e assume spaventose smorfie tutte le volte che egli commette un atto feroce e ingiusto (ha pur sempre stipulato un patto con il diavolo), Dorian a un certo punto nasconde il quadro in soffitta.
Tuttavia, di tanto in tanto si reca segretamente lassù, per controllare e schernire il ritratto, che invecchia vieppiù e si imbruttisce, giorno dopo giorno. E che gli crea anche tanti timori e rimorsi. Finché, stanco della sua malvagia vita, lacera il quadro con lo stesso coltello con cui prima aveva ucciso Hallward, il pittore.
Alla fine della storia, troveranno Dorian Gray morto con un pugnale conficcato nel cuore, irriconoscibile e precocemente avvizzito. Lo troveranno ai piedi del ritratto, che invece è ritornato meravigliosamente giovane e bello. E’ la variante del mito greco di Narciso, annegato nello stagno ove stava rimirando la sua stessa immagine, di cui era rimasto innamorato.
Ecco, stavolta a morire sono stati in quattro. Decine, i feriti. Anche gravi, pure tra le forze di sicurezza.
Colui che ha fomentato l’odio di piazza a suon di accuse inventate, leggende su ipotetici brogli elettorali, blablabla smontati ad uno ad uno dai numeri, dagli organi di verifica, dai propri stessi compagni di partito, tornerà al calduccio dei propri palazzi, nelle torri da miliardario.
Finché i pasticci con la giustizia e la finanza non lo chiameranno presto a giudizio, non più protetto dall’immunità presidenziale.
Ma il narcisista non può accettare che il giudizio popolare gli si rivolti contro. Così come nega la drammatica esistenza del Covid, allo stesso modo gli risulta inconcepibile che la maggioranza del popolo americano, a suon di voti democratici e certificati, uno ad uno, sancisca il suo fallimento.
E’ lo specchio che si infrange. L’immagine di sé che crolla, che conferma la sua fragilità. Non può accettarlo.
E allora rigurgita accuse a destra e a manca. Semina sospetti. Cavalca la frustrazione. All’opposto di quanto un grande patriota come il senatore repubblicano John McCain, veterano della guerra in Vietnam, candidato presidente sconfitto da Obama, fece riconoscendo la vittoria dell’avversario.
E subito si rimboccò le maniche per lavorare seriamente, dai banchi dell’opposizione, al bene della nazione.
Il narcisista tenta invece la disperata mossa di salvare sé stesso.
Non ci riuscirà, ma nel frattempo intercetta le frustrazioni e l’istinto di morte dei gruppi razzisti e di estrema destra (QAnon, Proud Boys, neonazisti et similia).
L’esperienza clinica insegna come il disturbo narcisista sfoci inevitabilmente in depressione, prima o poi.
La storia, che esaltazione demagogica e propaganda populista fanno male soprattutto a un soggetto: il popolo stesso, la gente comune.
- la storia siamo noi -