Oppure l'11, come Zibì Boniek, quel polacco col baffo che spazzava a carrarmato le difese avversarie. Giocava nella Juve, purtroppo, e per me - interista nel midollo - quest'amara e al contempo ammirata constatazione è ogni volta un'ammissione a malincuore, cui mi costringo.
Per non parlare del 10 di quegli anni, “Le RoI” Michel Platini.
L'attacco, e la difesa.
Che le difese, invece, sono importanti, mica no. Vitali, potremmo dire.
Pensa che ne sarebbe del corpo umano, senza sistema immunitario.
Anche in psicologia, se ne parla.
Il primo fu Sigmund Freud (e chi, sennò?) che spiegò come gli esseri umani mettano in atto dei meccanismi di difesa – perlopiù inconsci – per proteggersi da emozioni spiacevoli come la rabbia, la paura, la vergogna, la tristezza. Emozioni legate a pensieri, esperienze, desideri, ricordi o eventi traumatici.
Altri psicanalisti venuti dopo, come l'austriaco Otto Kernberg, tuttora vivente, hanno aggiunto un'ulteriore importante funzione a questi processi mentali i cui nomi sono: Scissione, Negazione, Proiezione, ecc.: quella di salvaguardare l'integrità del sé. In altre parole, di mantenere coerente e affidabile l'immagine che abbiamo di noi stessi.
Che vuol dire?
Proviamo con un esempio.
Ti capita mai di svegliarti al mattino con un sentimento greve di tristezza, magari con delle lacrime che non si asciugano prima del caffè; o in preda a stati di agitazione, ansia, inquietudine a volte legati a immagini e ricordi ben definiti, altre volte incomprensibili e vaghi come la nebbia in Val Padana, che non si dissolvono se non a giornata già avviata, quando hai iniziato il lavoro o la routine della abituale quotidianità ha preso il sopravvento?
Ecco, ciò avviene perché il passaggio dallo stato di sonno (e sogno) nel quale le difese si abbassano - a volte annullano - alla realtà della vita vera, ci vede come gamberi senza guscio. Serve un po' di tempo perché i processi difensivi automatici si attivino, si accendano e re-inizino la loro opera di protezione. Scissione, Razionalizzazione, Negazione...
C'è una bella canzone – più propriamente una preghiera – di Franco Battiato che descrive divinamente questi sentimenti: “L'Ombra della Luce”.
Nel sonno ritorniamo bambini. Cioè esseri dipendenti (il bimbo piccolo lo è in tutto-e-per-tutto) dalle cure amorevoli della figura materna. Abbiamo fame/piangiamo/veniamo soccorsi.
Mal di pancia/piangiamo /veniamo soccorsi.
Così per ogni altro bisogno o emozione spiacevole, come la paura, la frustrazione, la rabbia.
Per un po' ci “illudiamo” che possa funzionare così, per tutta la vita.
Poi crescendo – di disillusione in disillusione, come nell'amore vero – diveniamo consapevoli che la vita è imperfetta. Essere umani, è cosa imperfetta.
Un'operazione, questa accettazione della realtà, mica sempre facile. Ecco allora che ci facciamo scudo con le difese automatiche (e inconsapevoli: vediamo bene solo quelle degli altri) della Rimozione, della Proiezione, della Negazione, e così via.
Che poi la cosa più curiosa (e più difficile da ammettere) è che gli atteggiamenti che più ci danno fastidio negli altri sono esattamente quelle parti di noi stessi che abbiamo negato o tenuto rimosse.
Per educazione, per paura, per conformismo, per obbedienza.
Vuoi un esempio?
Pensa a quando critichi quella persona perché si veste (o parla, scrive, si relaziona) in quel modo. Che fastidio! E giù commenti, giudizi, perlopiù tendenti all'acido.
Se ci ascoltiamo davvero, tuttavia, se ci prendiamo del tempo per analizzarci un po' più nel profondo, ci sarà inevitabile scoprire una cosa sorprendente: che gli atteggiamenti di quella persona così “antipatica”, corrispondono esattamente a quelle “parti” di noi che abbiamo rimosso, soppresso, non esaudite.
Di cui siamo invidiosi.
E' un grande insegnamento, questo, della psicanalisi.
Chi disprezza, compra, chiosa la saggezza popolare.
Morale della favola: per tornare “integri” dobbiamo smettere di giudicarci. Lo facciamo inconsapevolmente attaccando gli altri; eppure si tratta - in realtà - di un tentativo inconscio di difendere noi stessi.
Le nostre “parti” interne che giudichiamo non adeguate, sconvenienti, brutte, sbagliate.
Per educazione, per paura, per conformismo, per obbedienza.
Era proprio forte, Zibì Boniek.
Eppure io penso che senza difensori del calibro di Cabrini, Gentile e Scirea, quella squadra avrebbe vinto ben poco.
E mannaggia a me, che mi ritrovo a parlare della Juve.
Mica che mi sia saltato qualche meccanismo di difesa?