Mica che prima non le sapessi. No, non sto dicendo questo.
E' che è sempre solo l'esperienza, la miglior “professoressa”.
Aiutata da qualche buona lettura, of course.
Tipo il fatto che vivere è cambiare.
Che quella “cosa” chiamata amore (mi piace paragonarlo a un continente, che ad ascoltare storie e vicende, casi umani e disturbi clinici, va da Madre Teresa a Rocco Siffredi) evolve, si trasforma, si interrompe, ti converte e capovolge, sometimes.
John Bowlby.
Si, l'ho veramente apprezzato solo dopo la mia quarta decade di vita.
Prima ero cresciuto nutrito a Sigmund Fred e cognitivismo, ben conditi da qualche lauta immersione nelle terapie strategiche di origine nordamericana. Poi riscopro questo inglese, con la sua disarmante concretezza. Il suo approccio etologico, cioè basato sull'osservazione naturalistica, lo studio del comportamento dell'animale e dell'uomo seguendo gli stessi criteri con i quali viene condotta la ricerca in altri campi della biologia. Senza partire da modelli filosofici o sovrastrutture interpretative a-priori.
Il concetto è semplice: si chiama Attaccamento.
L'attaccamento non è una scelta. E' un motore, una forza vitale che orienta tutta la vita degli individui. Innesca la ricerca della prossimità. Da quando veniamo al mondo fragili e indifesi, bisognosi di ogni cosa e di ogni cura, a quando ci innamoriamo e rendiamo quella persona la cosa più preziosa al mondo. Unica, irrinunciabile. Senza di lui/lei, ci par di morire.
Poi di fatto giunge davvero, inesorabile e spietata per chiunque, l'ora della morte.
Per chi amiamo, per chi ci ama. Per noi.
Si, l'amore è una questione di sopravvivenza.
Hai mica fatto caso come espressioni del tipo: “Ti amerò per sempre”; “Non ci lasceremo mai”; “Me & You forever” contengano – tutte – una sfida all'eternità?
La sua opera principale, John Bowlby l'ha intitolata così: “Attaccamento e Perdita”. Medico, psicologo, psicoanalista. Tre volumi sul rapporto madre-bambino, che si rivela il paradigma dei futuri stili, anche nelle relazioni adulte di coppia: attaccamento sicuro, ambivalente, evitante.
Insomma, per farla breve, mi sono ritrovato tra le mani in questi giorni un libro, scritto da un veterinario comportamentista. Una rivelazione. Tra le pagine migliori che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi: “Anche gli animali amano” di Claude Béata. Un francese. Che poi sia anche sessuologo, lo si capisce seguendo le sue appassionanti descrizioni e considerazioni.
Tipo questa:
“Allora, cerchiamo di riassumere: dopo l'alchimia dei primi secondi dell'incontro, eccoci qua. La connessione è stabilita. Vi state innamorando. Questa persona, qualche secondo fa ancora sconosciuta, vi sembra preziosa e differente. La sua voce, il suo odore, la forma delle sue mani, il suo sguardo vi fanno sentire bene come non mai (un fiotto di dopamina invade il nucleo accumbens). E, anni dopo, sarete ancora capaci di descrivere ciò che indossava quel giorno, la sciarpa che aveva annodata al collo, ciò che aveva bevuto, il colore della carta da da parati del luogo luogo in cui vi siete incontrati (è l'aumento del tasso di noradrenalina nei centri della vigilanza che vi rende ipersensibili al contesto e ai dettagli). Ma questo non basta a caratterizzare lo stato amoroso: bisogna anche diventare ciechi nei confronti dei difetti. Quella pronuncia blesa, il fatto che sia di bassa statura mentre a voi piacciono gli spilungoni, le dicerie che vi sono giunte all'orecchio, tutto ciò che avrebbe dovuto essere redibitorio sparisce semplicemente (il tasso di serotonina è crollato nelle zone corticali dello spirito critico). Eccovi ipnotizzati da questa voce calda, da quegli occhi di velluto, da un profumo che per anni risveglierà il vostro desiderio, da una pelle che siete sicuri sarà dolce al tatto (sensibilizzati dalla dopamina, i recettori dell'ossitocina adesso sono stimolati e cominciano a stabilire il legame). Vi sentite bene, euforici e ciò sarà ancor più vero dopo aver fatto l'amore, se non sarà successo nulla che guasti la festa (l'ossitocina e le endorfine si associano in quel momento). A partire da questo istante, eccovi agganciati! E non uso questa parola a caso: le endorfine, lo sapete, sono degli analoghi endogeni della morfina,della famiglia dell'eroina. Dal momento in cui siete di nuovo soli, non avete che un'idea in testa: ricominciare, ritrovare colui o colei il cui contatto scatena questo stato di beatitudine, la cui assenza provoca un dolore”.
Nel corso del tempo, l'innamoramento tende a sfociare nell'attaccamento. Mica si può restare drogati tutta vita, no? O meglio: anche qui, l'assuefazione e la tolleranza (fenomeno per cui l'individuo consumatore deve aumentare progressivamente la dose per ottenere lo stesso effetto) la vincono.
L'attaccamento ha un orizzonte, che è il distacco. La fascinazione della madre per il bimbo piccolo, l'annichilimento dello spirito critico per gli innamorati: tutto ciò ha un termine che corrisponde all'accesso alla maturità dopo l'adolescenza, per il ragazzo; alla transizione riuscita tra due forme di relazioni positive (l'innamoramento prima, la stabilità dell'amore emozionale, poi), per le coppie di lungo corso.
La sai quella del trentesimo presidente degli Stati Uniti che si reca in vistita con la First Lady a una fattoria sperimentale patrocinata dal governo? Un fatto realmente accaduto, mica no. Calvin Coolidge, si chiamava. Da qui, quello che in psicologia viene denominato, appunto, l'”effetto Coolidge”. La storia vuole che la moglie di questo importante personaggio notasse un gallo che si accoppiava molto frequentemente. Chiedendo al fattore quanto spesso avvenisse il fatto, le venne risposto “dozzine di volte al giorno”. “Lo dica al signor Coolidge,” replicò la First Lady. Il Presidente, informato della cosa, chiese a sua volta: “Ma ogni volta con la stessa gallina?”. “No,” rispose il contadino, “ogni volta con una gallina diversa”. “Lo dica alla signora Coolidge!” disse il Presidente.
Vabbè, per oggi ne ho scritte abbastanza.
- ah, la felicità -