
È una delle tecniche più stimolanti (e divertenti) che ho imparato, negli anni di formazione. Si deve a Giorgio Nardone e Paul Watzlawick. L’hanno formulata, validata e perfezionata in più di trent’anni di pratica clinica.
Si chiama “prescrizione del sintomo”.
Te lo ricordi, José Mourinho? Piaccia o no, durante gli anni in cui ha allenato in Italia è stato maestro indiscusso nell’arte di conquistare il successo creandosi un nemico. Apposta.
The “Number One” nell’arte dell’opposizione. Un fenomeno di antipatia, e carisma: inventati ad hoc dei nemici, e ciò moltiplicherà gli anticorpi immunitari all’interno della tua squadra, nei tuoi uomini. Più li farai sentire assaliti, perseguitati, più diverranno capaci di polverizzare qualunque avversario.
Serrare le fila viene in automatico, quando ti senti aggredito.
Si, vabbè. Mi dirai che anche in politica, degli imitatori più o meno riusciti… ne abbiamo.
Come darti torto?
Cambia semplicemente il nome. Quando al posto del campionato di calcio in gioco ci sono la vita delle persone, degli esseri umani in fuga da carestia, guerre e persecuzioni, o la sofferenza dei bambini, si chiama banalmente “sciacallaggio”.
E Jean Paul Sartre?
“Ci sono voluti i nazisti per farci apprezzare il valore della libertà”.
Citazione che riprendeva l’altro giorno anche Massimo Recalcati in un articolo su Repubblica, analizzando gli effetti che le forzate limitazioni imposte dall’epidemia Covid-19 possono produrre in termini educativi e di consapevolezza.
Archimede di Siracusa, vissuto nel terzo secolo avanti Cristo, è stato indubbiamente uno dei più grandi matematici e fisici della storia. Non solo un teorico: a lui si devono alcune invenzioni tra le più geniali in ambito scientifico e ingegneristico. Dai, le abbiamo studiate alle scuole medie: il principio delle leve, che ci ha fornito la possibilità di costruire macchine capaci di spostare grandi pesi con piccole forze, da cui la frase anedottica: “Datemi un punto d'appoggio, e vi solleverò la Terra”.
Per non parlare del divertentissimo stratagemma degli “specchi ustori” (quanto mi faceva ridere!) tramite i quali pare abbia difeso le coste di Siracusa dagli assalti dei romani durante la seconda guerra punica. Sfruttando le leggi della riflessione parabolica, concentrava i raggi solari sulle navi del nemico. Dieci, venti, cinquanta specchi di bronzo o rame, lucidati e concavi, puntati in modo da focalizzare sul legno delle imbarcazioni assalitrici l’energia radiante. Oh: prendevano fuoco in pochi minuti!
Ma la cosa che ricordo ancor oggi con maggior interesse è il celebre “Principio di Archimede” che così recita: “Ogni corpo immerso in un fluido (liquido o gas) riceve una spinta verticale dal basso verso l'alto, uguale per intensità al peso del fluido spostato”.
Te lo dico apertamente: dopo più di trent’anni di esperienza professionale, mi sono accorto che vale tanto nella psicologia delle relazioni, quanto in fisica.
Cosa voglio dire?
Ascolta: hai mai provato a predicare a un adolescente svogliato l’importanza di studiare?
O sciorinare a quel tuo amico, accanito fumatore, che deve smettere?
E al tuo/a partner, dimmi che non ti sei mai trovato a elencare la serie di cose che NON deve fare. Che DEVE capire. Che tu al suo posto mai e poi mai ti comporteresti in quel modo…
Fallimento totale. Sull’intero fronte.
Riesci a smentirmi?
Spesso, ottieni la reazione opposta. Uguale e contraria.
Come il Principio di Archimede, appunto.
Ne stiamo riscoprendo di cose, in questa quarantena forzata da Coronavirus.
Tipo cosa significhi vivere h24 - senza poter uscire - in un appartamento di 70 metri quadri con tre figli piccoli. Compiti, capricci, lagne, bisogni, noia, richieste insistenti e insoddisfacibili:
“Voglio uscire!”
“Non si può!”
“Perché tu si e io no?”
“Perché no!”
“Uéh...”
Ricerche condotte in Cina e in Canada (pubblicati online il 26 febbraio scorso dalla prestigiosissima rivista scientifica Lancet, mica Novella 2000) mostrano come 4 settimane di quarantena dovute alla SARS nel 2003 siano bastate a generare nel 28% dei genitori sintomi da stress post-traumatico. In psicologia clinica lo si definisce PTSD: è quello, per fare un esempio, sperimentato dai molti militari al ritorno dal fronte. Lo stesso studio ci dice che 3 anni dopo la fine della quarantena, il 10% dei soggetti sottoposti al provvedimento dimostravano sintomi di depressione acuta, legata al trauma non curato del periodo di isolamento.
Abbiamo scoperto - ma ormai lo si scrive in tutte le salse - che strapaghiamo e “santifichiamo”, adorandoli nelle liturgie non solo domenicali, i calciatori, e adesso comprendiamo quanto aver tagliato le risorse alla sanità pubblica sia stata una politica idiota e autolesionista. I medesimi studi sopra citati evidenziano come il 34% del personale medico e infermieristico sviluppa stress post traumatico dovuto al mix fra isolamento forzato e l’eccesso di lavoro a cui era sottoposto prima di essere contagiato.
Abbiamo scoperto la possibilità di veder uscire nostro padre, nostro zio, nostra nonna in ambulanza e già sapere che non li rivedrai mai più tornare a casa. Che neanche un funerale ti verrà concesso. E allora ti assalgono i rimorsi. Per quelle volte che non avevi tempo, non avevi voglia, per la pazienza che ti facevano perdere…
Abbiamo scoperto che i casi di abuso infantile e violenza sull’infanzia aumentano considerevolmente durante i periodi di sospensione forzata della frequenza scolastica (The Lancet, ieri 25 marzo 2020).
Poi, la paura per il futuro. Per le conseguenze economiche, e relazionali. Una signora l’altro giorno mi confidava: “Sa, un mio amico l’altro giorno mi ha detto: lascia che ti saluti adesso, perché se ce la caveremo, con che coraggio torneremo ad abbracciarci ancora?”
Come ne usciamo, da questo sortilegio?
Proviamo a chiederlo a Lacan, lo psicanalista eretico. Ci soccorre, anche lui, con un paradosso: "Amare è dare ciò che non si ha".
Si, hai letto giusto: “ciò che NON si ha”.
Bah, che stramberia, mi dirai. Queste cose possono far contento solo Lao-Tsu, quel filosofo del sesto secolo avanti Cristo, il quale sosteneva che il vuoto era importantissimo. Più del pieno, addirittura. Portava l’esempio del vaso: che te ne fai, di un vaso il cui artigiano avesse modellato riempiendo di argilla anche il suo interno?
"Amare è dare ciò che non si ha".
Eh, che poi se ti metti a dare ciò che hai-pensi-sai, capita pure che all’altro non interessi, o non sia ciò di cui ha effettivamente bisogno. E quindi lo respinge, inevitabilmente, in base al principio di Archimede.
“Amare è dare ciò che non si ha”.
Pensaci bene, dimmi se non è vero. Cosa chiedi, alla persona che ami, dopo un lungo periodo di separazione (viaggio, malattia, quarantena…)? Dopo che il destino, il lavoro, la necessità vi ha tenuto distanti? Non chiedi forse: “Ti sono mancato?” “Ti sono mancata?”
E cosa vuoi sentirti dire se non: “Si, mi sei mancato. Tanto, tantissimo. Da morire”.
Non è esattamente questo, “Ciò che non si ha”?
La mancanza svela quale sia, il dono più importante.
Il vuoto, l’assenza, rivelano il valore supremo delle cose. E delle persone.
Chissà se ce ne ricorderemo, quando i giorni ritorneranno “pieni”.
- Il cielo in una stanza -