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IL PICCOLO FARISEO

5/6/2016

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​Fin da piccolo, un mestiere tra tutti ha abitato i miei sogni: il regista. Steven Spielberg, il mito indiscusso.

Sul monte della Murgia, davanti ai sassi di Matera, sono state girate decine di pellicole. 
Compreso qualche "colossal" holliwoodiano. 
Molti conservano impresse nello sguardo le truculente scene della crocifissione in "The Passion" di Mel Gibson (2004); ma come dimenticare "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini, nello splendido bianco e nero di esattamente quarant'anni prima, con la sua adorata mamma Susanna nel ruolo della Madonna?

Quasi un Woody Allen in miniatura, o un Pif in erba, tra queste pietre cariche di storia, di cinema e letteratura mi piacerebbe oggi dirigere un film comico.
​Di quell' umorismo surreale tipo Troisi e Benigni in "Non ci resta che piangere" del 1984.
Il "Piccolo Fariseo", lo intitolerei.

Incredibile, con quanta facilità si possa scivolare dal livello di una sacrosanta richiesta di giustizia, al retrobottega di un legalismo del tutto sterile. 
Dal momento in cui mi sono affacciato su questa città sospesa nel tempo, tema, personaggi, sceneggiatura e colonna sonora del film mi si sono materializzati d'incanto, davanti allo sguardo e nella fantasia.

Nei filatteri - i rotolini con gli articoli della Legge che lo scrupoloso osservante appende alle braccia e sulla fronte - sostituirei ai brani della Sacra Scrittura qualche articolo della Costituzione Italiana e del Codice Civile, preso qua e là. 
Non mancherei, certo, di mettere in bocca a ogni Piccolo Fariseo la litania rituale che la Regola prescrive: 
"O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, peccatori". 
"Io sì, che sono Onesto".


Ad ambientarlo qui, su balconi di pietra a sbalzo sopra grotte che celano chiese rupestri di scarnificante bellezza rubate alla roccia, il "Piccolo Fariseo" potrebbe vedere un barbuto sommo sacerdote - chiamato  Graifa - a braccetto con uno scapigliato centurione della "Pilato & Associati". 
Ambienterei una scena mentre li si vede discutere. Caldamente.
La bollente questione, sulla quale dover decidere a suon di "like" (un moderno dispositivo di lapidazione) potrebbe essere questa: 

"Gente, popolo: volete libero il figlio del falegname, tal Gesú di Nazareth, dichiaratosi pure "Figlio di Dio" che ha violato la trasparenza del Regolamento Societario recandosi senza previa comunicazione al Sinedrio a casa di prostitute e addirittura - udite udite - da un corrotto esattore delle tasse di nome Zaccheo; o rilasciamo libero il console di Populonia, raggiunto da un avviso del Cassio - preclaro magistrato romano - per un sospetto abuso di ufficio nella costruzione dell'anfiteatro Populoniense?".

Beh, certamente una questione tosta, da girarci almeno una quindicina di avvincenti riprese, tra Sasso Barisano, chiese rupestri e grotte del Sasso Caveoso.

"Noi non siamo come loro". 
Questo il ritornello con il quale, nel "Piccolo Fariseo" Graifa apre e chiude i suoi sermoni.
​Diventato anche un gioco di società, prodotto dallo stesso gurusacerdote.
Si tira con un dado, che ha  tutte le sei facce recanti un unico puntino.
Si, perché anche se nelle regole originarie stava scritto "uno vale uno", si é visto poi che uscisse uno, due, tre, quattro, cinque o sei,  sempre solo uno, era quello che contava.  

"Noi non siamo come loro".
Credo la prima disonestà sia questa: nei confronti di se stessi. 
Ritenendosi – per autodefinizione – diversi, alternativi "ipso facto".
Credo la prima disonestà sia non riconoscere le proprie parti contraddittorie, ambivalenti, imperfette, ansiogene. 
Non ammettere che dentro ciascuno di noi abitano dimensioni in reciproco conflitto. 
Bisognose di comprensione. 
Addirittura di pietà, talvolta.

Al genere umano viene quasi automatico spostare all'esterno il proprio lato ombra, così lo chiamerebbe Carl Jung. Vedendo la disonestà e l'imperfezione solo addosso agli altri. 
Normalmente, quelli con idee-gusti-caratteristiche differenti dalle proprie. 
Compulsivamente comandati dall'antico meccanismo difensivo della proiezione.

In un altra scena del “Piccolo Fariseo”, verso la fine, si vede il sommo sacerdote Graifa arrabbiarsi moltissimo con il Nazareno - tal Gesū figlio del falegname - apostrofandolo  con un gutturale "Vaffanbrodo!", mica perché fosse ormai ora di cena, o perché avesse scoperto che era amico di Battista (Giovanni, il). 

L'aveva semplicemente sentito emettere un “post”, giusto sopra il Sasso Barisano:
"Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra"...

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    Noneto Circin

    La parola, il suono, l’immagine, sono l’oggetto dei miei interessi nel tempo libero. 
    A volte, tentano di diventare voce. 
    Nella scrittura, nella musica, nella fotografia. 
    Per passione, per divertimento.
    Insomma, per una delle cose più serie nella vita: il gioco. 
    Tramite i tasti di un pianoforte, una penna che scorre veloce, le lenti di un vecchio obiettivo. 

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