Francesca attende trenta secondi desiderando veder giungere dei “like”.
…
Altri trenta secondi.
Francesca riceve solo due like.
Francesca rimuove subito la foto.
Francesca ne scatta - compulsivamente - un altro.
Stavolta lo modifica e arricchisce di qualche effetto, con un’”app” di fotoritocco. In questo fotogramma, non sembra nemmeno più una ragazzina di 15 anni.
Ora cominciano a piovere emoticon, commenti, faccette sorridenti.
Sorride anche Francesca.
In uno dei commenti, però, legge un brutto apprezzamento sul suo naso.
Francesca corre allo specchio.
Francesca verifica se è davvero come sembra.
O meglio: se le sembra sia davvero come agli altri sembra.
Francesca si intristisce. E’ confusa, va in crisi.
Francesca piange, rimarrà chiusa in camera tutta la giornata e non scende manco per mangiare.
E’ una scena simile a quella raffigurata nel consigliabilissimo ed estremamente attuale “The Social Dilemma”, il docudrama che spiega cosa si nasconde dietro un like, un post, un commento e l’incessante bisogno di scrollare il proprio profilo per ore. Un film realizzato tramite le testimonianze di ex dirigenti di Facebook, Google, Pinterest, Instagram e Twitter.
Cosa si nasconde?
Chiamiamola semplicemente per quello che è: IA, l’Intelligenza Artificiale. In pratica, una serie di algoritmi studiata alla perfezione per invogliarci a rimanere connessi per il maggiore tempo possibile. Più restiamo collegati a un social media, più gli introiti della piattaforma aumenteranno.
C’è qualcuno che non ha capito di cosa stiamo parlando?
Qualcuno che non conosca quanto potente sia questa forma di neo-dipendenza? Mica solo per gli adolescenti, sia chiaro.
Vediamo qualche dato.
Il suicidio è la seconda causa di morte tra i dieci e i diciannove anni. Risultano più a rischio i maschi tra i dieci e i vent’anni. Una ricerca alla quale ha collaborato anche lo psichiatra italiano Diego de Leo (Kolves e De Leo, 2016) ha evidenziato come la pianificazione o l’ideazione suicidaria comprenda il 30% dei giovani. Estremamente frequenti sono le condotte autolesionistiche (tagli autoinflitti con oggetti affilati – generalmente lamette, sui polsi e lungo le braccia – bruciatore con oggetti roventi, abuso di sostanze, condotte a rischio).
Cosa c’entra tutto questo con i Social Media?
Con l’autostima.
Non è un problema nuovo, certamente.
Ma nel decennio 2010-20, quello dell’esplosione delle piattaforme network (Facebook, Instagram & co.) i numeri epidemiologici hanno subito un’impennata rilevante (McCrae, 2018), così come alcune condotte: insonnia, ruminazione, disturbi depressivi.
I Social danno dipendenza. Pari pari alle droghe. Agiscono sui meccanismi di rinforzo cerebrale. Il principale neuromediatore implicato - oramai lo sanno tutti - è la dopamina. E’ difficilissimo staccarsene. Chi ha figli in età puberale, lo sa benissimo. L’astinenza scatena a volte un’aggressività incontenibile.
Tu credi che per gli adulti sia molto diverso?
Uno degli aspetti più inquietanti è la polarizzazione del pensiero.
I motori di ricerca “imparano” i tuoi comportamenti, gusti, abitudini. Li leggono, li copiano e te li ripropongono, amplificati. In pratica, ti raccontano (e ti fanno comprare) esattamente quello che vuoi sentirti dire (e avere).
Chi si è mai fermato più di tanto a discernere (che perdita di tempo!) di fronte ai pop-up informativi che ti presentano la casella “acconsento”? “Cookies” significa proprio: “biscottini”; termine quantomai appropriato.
La schiacci, e via!
Così intanto fornisci dati su dati, informazioni su informazioni, indicazioni e squarci di personalità che vengono utilizzate (all’istante) per proporti qualche suggerimento di acquisto, o di informazione.
Così come quando metti un like, pubblichi una foto, condividi una notizia, compri un oggetto su Amazon o Ebay, ascolti un brano o guardi un video su Youtube.
Lo sai che se due persone diverse digitano la medesima parola nella stringa di ricerca di Google, la frase verrà completata in modo differente rispetto a quanto l’algoritmo già conosce di ciascuna persona?
Esempio pratico: un seguace di Trump digita “democrazia” e Google gliela completa con “dittatura”, brogli elettorali, complotto di Joe Biden, ecc…
Un democratico, invece, vedrà comparire “Obama”, Aristotele, costituzione democratica, and-so-on.
Eh, stiamo parlando dello “zio d’America” giusto per evitare esempi nazionali, l’hai capito.
Alla luce di queste strategie, risultano più chiare anche alcune apparenti assurdità. La polarizzazione del pensiero rafforza le convinzioni, le rende sempre più solide, autoreferenziali, granitiche e “documentate”. Terrapiattisti, no vax, cospirazionisti vari, quelli che inseguono le ambulanze ritenendole vuote, ricevono ad ogni “sessione d’informazione” (spesso condotta sulla tazza del water) quantità di dati, notizie e recensioni del tutto in linea con ciò che già pensano. La convinzione di aver ragione, di essere nel giusto, di stare dalla parte dei “risvegliati”, specie se hai visto Matrix, quindi, non può che aumentare e cristallizzarsi.
Nulla di nuovo sotto il sole, in realtà. Stiamo parlando di quei meccanismi noti sin dai primordi della psicologia sociale e della percezione: attenzione ed esposizione selettiva, cherry picking, dissonanza cognitiva, confusione causale, riluttanza a falsificare…
Attenzione, però: sulla tazza del water, ci andiamo tutti a sedere.
E se è vero - come è vero - che “se non stai pagando per il prodotto, allora il prodotto sei tu”, qualche buon libro, qualche lettura critica e documentata, qualche franca chiacchierata tra amici, faccia a faccia come una volta, attorno a una sapida birra, questi sono e rimarranno sempre gli antidoti giusti.
Ah, e se magari prima di condividere “a-copia-e-incolla” qualche fake new ci dessimo il tempo di riflettere?
Anche solo di prima metterci like e cuoricini, attenzione!
Credi davvero non respireremmo - tutti - un’aria migliore e meno tossica?
- she don't lie, she don't lie, she don't lie, cocaine -